“Ma esiste ancora il Lago di Barrea?” di Franco Tassi
L'ex direttore del Pnalm esordisce su TeleAesse con la rubrica " L'attimo fuggente"
Da molte parti piovono allarmi e proteste perchè il Lago di Barrea, uno dei panorami più famosi e apprezzati del Parco d’Abruzzo, viene pesantemente svuotato a fine estate per rifornire il Lago di Bomba, altro bacino artificiale che si trova più a valle lungo il corso del Sangro.
La piana tra Barrea, Villetta Barrea e Civitella Alfedena, vero rifugio di flora e fauna eccezionale, abitata da orsi e lupi, cervi e caprioli, lontre e volpi, si trasforma allora in un pantano di fango che, se non giova certo all’ecosistema, ancor meno incanta quel turismo fotografico e naturalistico attratto anche fuori stagione da paesaggi, colori autunnali, passeggiate lungo il lago e ricca avifauna migratoria.
Che tutto questo avvenga nel cuore d’un famoso Parco Nazionale sarebbe già incomprensibile, ma che nessuno sia stato capace di impedirlo è sintomo di scarsissima attenzione a un patrimonio che andrebbe invece strenuamente difeso, con impegno congiunto e solidale, da autorità, istituzioni e comunità locali: e non solo da visitatori italiani e stranieri.
Oggi regole, poteri e strumenti per bloccare gli scempi nei Parchi non mancano davvero, grazie alle normative urbanistiche e paesistiche, e alla Legge quadro sulle Aree protette del 1991. Ma, come già notava il sommo Poeta nel Canto XVI del Purgatorio, “ le leggi son, ma chi pon mano a esse?”
Eppure quasi mezzo secolo fa, quando la protezione della natura non era certo popolare e le norme erano scarse, il Parco riuscì a sottrarre il Lago e la Foce di Barrea a un danno ancor peggiore: perché l’ENEL aveva l’intenzione di costruirvi una Centrale a caduta, ovvero di ripompaggio delle acque, in connessione con il Monte Greco, e più precisamente con il Lago Pantaniello.
Con la sola forza delle idee, tutti questi miopi e mal indirizzati appetiti produttivistici vennero bloccati, e venne proposto un Piano alternativo di assetto, pienamente rispondente alla vocazione eco-turistica del territorio. I principali obiettivi erano: salvare e incrementare la vegetazione ripariale, anche con funzione di rifugio della fauna e di depurazione delle acque; garantire oscillazioni del bacino limitate e controllate per mantenere livelli accettabili; creare barriere e isolotti semi-naturali per offrire possibilità di svernamento, nidificazione e riproduzione ai numerosi uccelli migratori e stanziali; assicurare la massima protezione alla Foce di Barrea, vero canyon spettacolare non certo inferiore, per valore, a gole, orridi, valloni, gravine, lame e cave del resto del Bel Paese.
Il Piano potè essere attuato solo in parte, a causa di continui ostacoli, assalti e imboscate politiche contro il Parco: ma almeno fino all’inizio del Terzo Millennio il livello del bacino veniva scrupolosamente controllato dagli ambientalisti. E forse oggi quelle idee andrebbero rilanciate seriamente, per assicurare migliori prospettive alle bellezze e ricchezze dell’Alto Sangro, procurando occasioni di lavoro, anche fuori stagione, ai giovani locali.
Franco Tassi
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