Castel di Sangro Calcio in serie B: la leggenda non si può dimenticare!
Oggi ricorre il ventennale della storica promozione in serie B contro il Foggia
De Juliis (Spinosa dal 14’ s.t.s.), Fusco, Prete, Alberti, Cei, Altamura, Martino (De Amicis dal 7’ p.t.s.), Bonomi, Galli, Michelini, Verolino (Albieri dal 12’ s.t.). A disposizione: D’Angelo, De Simone. Allenatore: Jaconi. Ci sono uomini destinati a scrivere la storia. Esattamente 20 anni fa – era il 22 giugno 1996 – questi uomini hanno fatto qualcosa in più: sono entrati nella leggenda. Allo stadio “Pino Zaccheria” di Foggia, nella finale play-off del girone B di serie C1, hanno battuto il blasonato Ascoli ai tiri di rigore e per la prima volta nella storia hanno portato il Castel di Sangro in serie B. Più che un’impresa è stato un “miracolo sportivo”, così come riconosciuto da tutti gli addetti ai lavori.
Eppure, di soprannaturale c’è ben poco nell’epopea di un club le cui gesta sono state trattate finanche con superficialità mista a quella facile simpatia destinata a chi è “piccolo”. La realtà è che quel Castello ha rappresentato una realtà di managerialità e programmazione da studiare. Perché se i numeri dicono che un paese di 5.000 abitanti è stato capace di passare dalla Seconda categoria alla serie B nel giro di soli 13 anni, l’analisi storica del fenomeno è quella di un club che, in meno di 4 mesi, è stato capace di dotarsi di uno stadio moderno da quasi 10.000 posti. Quasi tutti sempre “occupati” in occasione dei grandi eventi sportivi ospitati negli ultimi 20 anni.
In quel tempo Castel di Sangro ha respirato calcio grazie alle risorse del compianto patron Pietro Rezza, alle idee del presidente Gabriele Gravina (oggi al vertice della Lega Pro), alle squadre “visibili” (calciatori e staff tecnici) e “invisibili” (dirigenti e collaboratori) che si sono alternate tra campo e scrivania. E se i media si sono concentrati sulla “miracolistica” intuizione di Osvaldo Jaconi (il tecnico italiano con più promozioni in carriera), che manda in campo il poi decisivo secondo portiere al posto del titolare prima della lotteria dei rigori, pochi hanno colto il senso di un capolavoro d’impresa: se riempi lo stadio con il doppio degli abitanti del paese, non è soltanto calcio…
Se prima Castel di Sangro era “un paese vicino Roccaraso”, adesso può brillare di luce propria: al di là dei risultati che restano negli almanacchi, l’epica sangrina ha lasciato in eredità strutture che hanno ospitato sei gare internazionali dell’Italia e diversi ritiri di squadre professionistiche, nonché manifestazioni che hanno rilanciato il turismo sportivo. Lo splendore delle strutture è ancora oggi assicurata dall’inossidabile Marcello, custode dei segreti della storia giallorossa fatta di gioie e dolori, come la tragica scomparsa dei calciatori Danilo Di Vincenzo e Filippo Biondi onorata ad imperitura memoria da un monumento all’ingresso dello stadio “Patini”.
Ma può bastare un invidiabile centro sportivo per ricordare quanto di grande è stato fatto? Possono bastare squadre locali che con sacrificio portano in giro il nome di un club che al calcio ha dato tanto? O forse questo “ventennale” meriterebbe qualcosa in più per ricordare chi ha scritto la storia o solo contribuito a quella grande famiglia, e chi adesso ci guarda da lassù? Un proverbio popolare cinese recita: “Quando bevi dell’acqua, pensa alla sorgente”. Castel di Sangro è ancora in tempo per celebrare un evento degno della leggenda sportiva a 20 anni dal suo compimento: in fondo, per dire “grazie” a chi ha fatto grande un piccolo paese non sarà mai troppo tardi…
Marco Santopaolo
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