Il punto di vista – Impianti Vallefura: una mortificazione inaccettabile, ma tale è!
Gli impertinenti sono tali per due ragioni: la prima perché con il loro lucido realismo spesso dicono verità che tutti vorrebbero sentirsi dire non avendo lo stesso coraggio di pronunciarsi; la seconda è perché, proprio per tale ragione, vengono assiduamente seguiti e questo non va bene a chi vorrebbe che certi argomenti non venissero toccati. Perciò è accaduto che più persone, tra i lettori habitué delle mie intemperanze, mi hanno chiesto candidamente: e su Vallefura tu che ne pensi, perché non dici niente?
Non ho scritto nulla perché ho avuto l’impressione che tutti abbiano individuato in maniera precisa le varie responsabilità. Ma non è così. Io credo che in maniera più precisa bisogna collocare l’assenza di espliciti commenti nella generale e devastante omertà che caratterizza le nostre comunità.
E allora vi rivelo il mio pensiero. Io che ho riscoperto l’attività sciistica di Roccaraso, ricollocata nella sua origine al 25 febbraio 1910, ben 106 anni fa e oggi ricca di tutte le sue piste e impianti di risalita.
“Roccaraso rischia di non essere più la principale località sciistica di questa parte d’Abruzzo e dell’intero Appennino!”
Voi direte: Questo è matto. Proprio lui che poc’anzi ci ha rassicurati che le nostre convinzioni sono inconfutabili. Matto? Forse. Ma io sono certo che lo scettro a Roccaraso sta tentando prepotentemente di usurparglielo la ridente e fluviale Castel di Sangro, dove peraltro conto tanti amici e perché no estimatori delle mie sortite.
E si, perché mi sarei aspettato sulla scia della storia e della consistenza della nostra parte di Comprensorio, che gli ultimi impianti in costruzione su all’Aremogna ne avessero giustamente vista Roccaraso artefice ancora una volta, come è giusto che sia. E invece no, si sono inventati Castel di Sangro capofila a dettare legge non solo in materia di impianti di risalita, ma anche sul nostro territorio. Mi chiedo, vi chiedo. Ma capofila di che cosa? Totò avrebbe detto a qualcuno: mi faccia il piacere! A prescindere. Se mai, ci sarebbe dovuta essere una cordata tra Roccaraso, Rivisondoli e Pescocostanzo.
E per questa ragione io sono certo che i roccolani di un tempo si sono rivoltati nella tomba. E’ sufficiente leggere il frutto della ricerca del Prof. Francesco Sabatini scritto sul suo libro del 1960 Altopiani Maggiori d’Abruzzo. Quando nel 1576 l’Università di Roccaraso si fece avanti a chiedere al feudatario (a quel tempo Isabella Gonzaga, tutrice di Alfonso III d’Avalos) il riscatto del canone enfiteutico sull’Aremogna, condusse a proprio nome le trattative e sostenne una gran parte della spesa (1.500 ducati) un privato, Amico de Silvestri, mentre un gruppo di cittadini sborsava il resto della somma necessaria (altri 100 ducati). L’Università ricomprò, in seguito, tutte le quote di diritti sull’Aremogna che erano state acquistate dai privati, e così l’intera comunità venne in possesso di quel fruttuoso cespite.
Direte voi: ma cosa c’entra tutto questo con la paventata chiusura e vendita della seggiovia di Pescocostanzo? Cosa c’entra? Cavolo se c’entra, eccome!
Roccaraso ha girato le spalle col beneplacito generale – una maggioranze bulgara lo ha consolidato – alle sue sorelle Rivisondoli, Pescocostanzo e Rocca Pia, che insieme formano, mi sembra non più, la Regione degli Altopiani Maggiori d’Abruzzo (F. Sabatini) e ha guardato e continua a guardare a Castel di Sangro col fondo schiena ampiamente sbracato. Perciò, che importa che Vallefura si chiuda? Che importava aiutare e difendere quella parte sensibile del Comprensorio che con l’Alto Sangro ha poco a che vedere?
Qui siamo sugli Altopiani Maggiori d’Abruzzo, che sono un’altra cosa. Ma a qualcuno non piace. Costoro vogliono stravolgere la nostra storia con la complicità esplicita di qualche sciagurato. Perché è più necessario sorvolare con un avveniristico, quanto costoso e inutile impianto la strada dell’Aremogna, che difendere e consentire il particolare sviluppo sciistico di Pescocostanzo.
Il silenzio è assordante. Ma che dico: è bulgaro.
Ugo Del Castello
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