Poste Italiane, Antonio D’Alessandro (Cisl – Slp) scrive a Mattarella: “Stanno svendendo l’Azienda”
“È con rammarico che lo scrivente intende importunarLa in un momento in cui la S.V. è alle prese con i molteplici problemi che in questo momento gravano sul Nostro Paese e che La vedono in prima fila schierato, per impegno e ruolo.
La situazione che desideriamo sottoporLe è quella che sta “esplodendo” all’interno della più grande Azienda di servizi del Paese: Poste Italiane. Questo motivo ci impone di inviare alcune informazioni e considerazioni direttamente alla Sua attenzione, alla Procura della Repubblica competente ed agli Onorevoli Parlamentari.
Come Lei certamente ben saprà, anche se i media “stranamente” ne hanno dato scarsissimo rilievo, è stato proclamato uno sciopero unitario della categoria, poi realizzatosi il 4 novembre u.s. La rivendicazione sostanzialmente si basava sulla netta contrarietà alle recenti riorganizzazioni del recapito, alla razionalizzazione degli uffici postali ed al superamento del 50% della quota di privatizzazione della Società Poste Italiane, condizione questa che arrecherebbe pregiudizio al ruolo fin qui svolto dalla stessa, quale asset strategico e produttivo del Paese, nonché alle modifiche di indirizzo industriale, acuendo ancor più il pessimo clima aziendale.
La fase di ulteriore privatizzazione, che si sarebbe dovuta realizzare entro lo scorso mese di settembre, poi rimandata all’anno successivo, così come ribadito nel DEF emanato dal Governo nel mese di ottobre u.s., preoccupa poiché va ad incidere direttamente sui costi del servizio universale (recapito), servizio che fino a questo momento, a prescindere dai ricavi, ha consentito a tutti i cittadini di vedersi recapitata la corrispondenza, anche se residenti nel più sperduto e periferico angolo del Paese. Infatti, Poste Italiane, grazie al principio di unicità aziendale, ha svolto sino ad oggi il suo ruolo sociale, con recupero sui costi attraverso il concetto di sussidiarietà (settori ricchi trainano quelli in perdita). La categoria è preoccupata per l’inevitabile abbandono di tale prerogativa, nonostante le rassicurazioni aziendali in merito, in quanto non conciliabile con i conti di una società privata che ragiona esclusivamente in termini di produttività e redditività. L’azienda ha già proceduto a chiudere molti tradizionali uffici postali, da sempre punto di riferimento degli italiani, e ad effettuare su tutto il territorio nazionale il recapito a giorni alterni, progetto che ha evidenziato, da subito, criticità tali da mettere in crisi l’intero settore e sollevato lamentele a tutti i livelli, dai cittadini ai Sindaci e alle tante regioni contrarie a simili decisioni.
Ci chiediamo quale vantaggio potrà avere lo Stato dalla vendita di un’azienda che fornisce un servizio alla comunità, dà sostentamento a 140.000 famiglie e, nel contempo, produce utili? Vendere un asset produttivo capace di realizzare in soli due/tre esercizi utili pari al quantum che se ne ricaverebbe dalla vendita e privarsi così di una eccellenza imprenditoriale con funzione sociale e di regolamentazione del mercato, a chi giova? Per tutte queste ragioni i dipendenti di Poste Italiane hanno scioperato con successo il 4 novembre u.s., con dati di adesione superiori al 70%, alla presenza e partecipazione di numerosi Parlamentari e Sindaci di tutte le regioni. Con rammarico, stupore e incredulità, dal giorno successivo si è dovuto constatare che il gruppo dirigente di Poste Italiane (che, si rammenta, è ancora Azienda a capitale pubblico), invece di dare risposte conseguenti ai suoi lavoratori, ha “messo in campo” e dato seguito a tutta una serie di pressioni ed intimidazioni ad ogni livello. Lo stato di malessere, già in essere per una gestione autocratica, repressiva, coercizzante e mortificante, fin qui attuata dalla Dirigenza, ha reso la situazione di Poste Italiane ancora più incandescente.
Dalle informazioni raccolte, oltre ad aver contrastato con ogni mezzo lo sciopero, ossia un diritto costituzionalmente previsto e tutelato, sembrerebbe addirittura che, a seguito dello stesso, sia stato negato l’accesso al premio meritocratico ai dipendenti che vi hanno aderito, compilando una sorta di “lista di proscrizione”, anche in vista di futuri sviluppi di carriera. A questo si deve aggiungere l’estrema facilità con cui Poste Italiane licenzia dipendenti e “distrugge” intere famiglie, motivando tali licenziamenti con la giusta causa o il venir meno del rapporto fiduciario. Secondo chi scrive, tali atteggiamenti sono indicativi del clima repressivo ed “intimidatorio” in cui i lavoratori, ogni giorno, sono obbligati a svolgere le loro prestazioni che, si rammenta, risultano ascrivibili all’espletamento di Servizio Pubblico. A tal proposito, preghiamo la Magistratura, cui la presente nota è indirizzata, di intervenire e di effettuare tutti gli accertamenti che saranno ritenuti opportuni.
Si è deciso, tuttavia, di interpellarLa per qualcosa di ancor più specifico e, soprattutto, a dir poco sconcertante. Recentemente è stato reso noto da un’interpellanza senatoriale depositata in data 25 ottobre 2016, che si allega per comodità di lettura, che quello che sta avvenendo all’interno di Poste Italiane, a nostro parere, sia di una gravità inaudita e dovrebbe indignare l’intera classe politica di questo Paese. La preghiera che rivolgiamo alla Sua funzione di Garante, nonché alla Magistratura, è quella di accertare se detto comportamento può essere inquadrato come lecito oppure no. Infatti, mentre la categoria postale viene colpita da una discutibile privatizzazione e da riorganizzazioni disastrose, a seguito delle quali i cittadini subiranno un ridimensionamento dei servizi, l’attuale classe dirigente di Poste Italiane (Azienda a capitale ancora pubblico) sborsa, come appreso dall’interpellanza, decine di milioni di euro per consulenze affidate con strane procedure. Ci chiediamo se questo comportamento leda o meno il rapporto di fiducia tra l’azionista di maggioranza (lo Stato) e la Dirigenza di Poste Italiane.
Pertanto, La preghiamo di far luce su quanto dichiarato nella sopra citata interpellanza e di intervenire personalmente allo scopo di fermare un vero e proprio scempio, “una mera svendita” che regalerebbe ai capitali stranieri ed alle banche i sacrifici costruiti con i risparmi di tutti gli italiani in 150 anni di storia. Infine, Le chiediamo, altresì, di volerci aiutare a ricostruire un “clima” di serenità relazionale, in virtù della Sua esperienza di Uomo di Stato, ma soprattutto della grande umanità che La contraddistingue e che Le viene universalmente riconosciuta”.
Lettera firmata da
Antonio D’Alessandro
Sindacato CISL Poste di Abruzzo Molise
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