“Adolescenti che crescono”
Ho sempre definito l’adolescenza come un tunnel oscuro e infinito, una tappa obbligata che risponde alla domanda “chi sono io”, dove l’insicurezza ne è la caratteristica principale. Mancano le prospettive per il futuro e mancano i luoghi in cui riconoscersi. A volte ci si identifica in una baby gang, le cui marginalità sociali portano inevitabilmente a comportamenti varianti e devianti. Spesso ci si incontra al bar, preferendo di gran lunga una partita a carte a un buon libro. Altri invece si isolano dal mondo. Creano la loro nuvoletta di solitudine dove si nascondono finché la tempesta non passa, se passa. Nessuno può negarlo.
È un’età difficile in cui spesso si giustificano le ragazzate, le violenze, gli scherzi, la mancanza di educazione e rispetto nei confronti degli altri. Troppo spesso sono i genitori a farlo perché non assolvono al loro dovere formativo: quello di trasmettere i valori sociali, quello di controllare i comportamenti dei loro figli nella sfera emotiva e istintuale e definire quindi le regole familiari. Ho sempre pensato che il permissivismo non aiuta, che l’incertezza sgretola l’autorità e i troppi si, siano diseducativi e fuori luogo. In un “periodo transitorio” così delicato, la famiglia diviene il muro portante su cui reggersi dopo le normali scosse di assestamento della crescita. La scuola dovrebbe essere presente come agenzia formativa. Dove non c’è la famiglia dovrebbero subentrare i professori ma neanche questo avviene sempre.
Ragazzi sempre più in balia di se stessi, sempre più soli, sempre meno ascoltati e sempre più fragili nel piegarsi ad atti di violenza solo per divertimento. Sbagliano con l’erronea consapevolezza di ritrovare così la loro identità e rifiutare il mondo. Perché non insegnare loro che i no aiutano a crescere? Perché non farlo insegnando loro cosa è giusto e cosa non lo è? Perché non regalare loro il nostro tempo e la nostra attenzione? L’isolamento non aiuta, frequentare brutte compagnie non aiuta, la solitudine non aiuta perché si specchia poi nella depressione e l’infelicità.
La cronaca è un esempio lampante di quello che succede. Ci parla di adolescenti violenti e immaturi che vengono giustificati e coperti. L’omertà dilaga proprio nelle pareti domestiche ma nessuno sembra ricordare la responsabilità dei genitori, degli amici e della scuola. Una cosa deve essere chiara a tutti.
L’anormalità non può diventare normalità. Mai.
Elena Lombardi
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