Parco della Majella, scarsa vigilanza: la denuncia del mondo ambientalista
Le Associazioni Salviamo l’Orso, L.I.P.U. Abruzzo e ALTURA hanno inviato oggi un esposto all’Ente del Parco Nazionale della Majella, al Reparto Carabinieri Forestali del Parco e al Comando Regione Carabinieri Forestale Abruzzo per chiedere di sviluppare un’incisiva azione che consenta di arginare i numerosi fenomeni di pascolo abusivo, gravemente dannosi dell’integrità degli ecosistemi e delle specie protette dal Parco e dall’Unione Europea, anche in modo da tutelare le forme di allevamento esercitate in modo equilibrato e nel rispetto della normativa.
Infatti, con il recente avvio alla monticazione del bestiame domestico nel territorio del Parco Nazionale della Majella, si sono di nuovo notati gravi danni arrecati agli ecosistemi forestali e di prateria dovuti al pascolo brado di bovini ed equini, spesso lasciati al loro destino in montagna persino anche nel periodo invernale e senza alcuna custodia. Tale fenomeno costituisce oggi una delle principali minacce all’integrità degli ecosistemi e delle specie montane, tra le quali spicca l’orso bruno marsicano. La presenza, localmente, di grandi quantità di questi animali, liberi di muoversi senza controllo, sta infatti provocando gravi danni alle praterie naturali, agli ambienti umidi ed ai boschi di montagna di tutto il territorio del Parco, che fino a pochi decenni orsono conoscevano la presenza soltanto degli ovini, sempre ben custoditi e di gran lunga meno dannosi per l’ambiente.
È da non sottovalutare il pericolo che le patologie di un bestiame lasciato a se stesso possano essere trasmesse ai pochi individui di orso che frequentano il parco, tra l’altro considerata una delle minacce piu gravi alla conservazione della specie, che il PATOM (Piano per la tutela dell’orso marsicano), l’ex Corpo Forestale dello Stato inquadrato oggi nell’Arma dei Carabinieri e la Regione Abruzzo si sono impegnati a contrastare vigorosamente anche e sopratutto alla luce dei gravi episodi registrati nella Marsica e nel territorio del PNALM negli scorsi anni. Si fa riferimento, per chi non ricordasse, ai ripetuti casi di TBC bovina, di maltrattamenti agli animali e di macellazioni clandestine.
Oltre che dannoso, il pascolo brado e/o nel bosco è vietato da norme di carattere generale e dalla Legge Regionale n. 3/2014. Nei territori protetti da Siti di Interesse Comunitario o Zone di Protezione Speciale dell’Unione Europea, inoltre, i proprietari sono punibili per i danni arrecati dai loro animali agli habitat anche in base all’art. 733-bis del codice penale (distruzione o deterioramento di habitat all’interno di un sito protetto), con l’arresto fino a 18 mesi e l’ammenda non inferiore a 3.000 euro.
Tali condotte illegali sono tanto più gravi in quanto si realizzano anche nelle Zone A di Riserva integrale individuate dal vigente Piano del Parco, che pone espresso divieto alle attività di pascolamento in tale Zona (salvo nulla osta dell’Ente Parco, rilasciabile solo se il pascolamento è finalizzato a “mantenere l’equilibrio ecologico e le peculiarità naturalistiche delle aree”), comunque vietate in modo assoluto se esercitate in forma brada e/o nel bosco, sia nelle Zone A sia in quelle B. I proprietari sono punibili, in questi casi, anche in base all’art. 13 e art. 30, c. 1 della L. n. 394/1991 (interventi in assenza del nulla osta dell’Ente Parco ed in difformità dal Piano del Parco).
A fronte della gravità della situazione, le tre Associazioni rilevano la mancanza di un’efficace azione di contrasto al fenomeno da parte degli enti preposti, la cui capillare presenza sul territorio del Parco consentirebbe invece di prevenire e reprimere i fenomeni di abusivismo facilmente riscontrabili, in quanto molto diffusi ed evidenti a chiunque percorra i sentieri del PNM o ne frequenti il territorio in queste settimane.
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