La meraviglia di essere simili
Chi non ha mai sentito parlare della piccola Jane Eyre e dell’eccellente e intima scrittura di Charlotte Bronte? Vedere il film non mi era bastato. Sentivo il bisogno di averlo tra le mani e poterlo leggere fino all’ultima riga.
Orfana dalla più tenera età, Jane è stata cresciuta dalla perfida zia che non ha mai provato alcun sentimento nei suoi confronti e che la descrive come una bambina cattiva e malvagia, quando in realtà è solo coraggiosa, un po’ ribelle ma totalmente onesta con se stessa e le sensazioni che albergano nel suo cuore. “Il mio spirito si sarebbe potuto paragonare a una brughiera d’erica divorata dalle fiamme”. Non c’è frase più esplicita per descriverla. Allontanata dalla casa in cui è cresciuta, si trasferisce in un collegio per otto lunghi anni. Bellissima è l’amicizia con Helen che con la sua profonda fede, le insegnerà la speranza e la fiducia nel prossimo.
Purtroppo nel suo destino è scritto che perderà le persone a cui vuole bene. Divenuta istitutrice e maggiorenne, sente di dover percorrere la sua vita e conoscere nuove persone. Decide di pubblicare un annuncio che la porterà direttamente a Thornfield Hall, dove si occuperà di Adele, protetta del signor Rochester, suo datore di lavoro e presto suo unico amore. La loro storia è dolce, passionale e forte. Sentimenti che agitano e catturano. Edward e Jane non sono protagonisti comuni. Non sono belli nel senso pieno del termine, non hanno esperienze comuni eppure si riconoscono e si amano. “Ai miei occhi sei una bellezza, e una bellezza secondo il mio cuore, delicata e aerea”. Edward la descrive come un folletto mordace, metà fata e metà donna, riconoscendo il lei l’altra metà di se stesso e pronunciando parole così: “Ha freddo perché è sola; nessun contatto alimenta il fuoco che è in lei. È malata, perché il migliore di tutti i sentimenti, il più nobile, e il più dolce che sia concesso agli uomini, resta lontano da lei. È sciocca perché ne soffre, ma non gli fa cenno di avvicinarsi, né muove un passo per andargli incontro”.
Parole solenni che tuttavia non le regalano felicità ma tristezza e dolore, quando ai piedi dell’altare scopre che il suo padrone è sposato con una pazza che in diverse occasioni ha tentato di porre fine alla sua vita. Jane non cede alle tentazioni, non diventerà la sua concubina. All’alba del giorno più triste della sua vita, scappa da lì con il cuore a pezzi, rischiando di morire di fame e stenti.
“Mi sentivo stritolare il cuore da una morsa d’acciaio. Ero amata come nessun essere al mondo, e adoravo addirittura colui che mi amava. Eppure dovevo rinunciare a farne il mio amore e il mio idolo! Il mio dovere si compendiava in una parola fatale”. Ricomincia altrove ma neanche l’aver ritrovato dei parenti ed essere diventata una ricca ereditiera, le farà dimenticare il suo amore. “Il pensiero di lui mi era sempre accanto, perché il mio amore non era una nebbia che il sole poteva dissipare, né un’impronta sulla sabbia che le tempeste potevano cancellare. Il suo nome era inciso sul marmo, e come marmo duraturo”. A distanza di un paio di anni, ritornerà su quelle terre per scoprire di un incendio che non solo ha distrutto la proprietà, lo ha reso vedovo e lo ha ferito in modo permanente. Il suo Edward è diventato cieco e con una mano mutilata. “Mi pareva un’aquila reale incatenata al suo posatoio, ridotta ad avere per mediatrice una rondine. Ma non volevo piangere”. Così lo descrive quando le è di fronte, inerme e isolato.
Jane non lo lascia. Jane non ha mai smesso di amarlo. “Con lui nulla faceva da freno alla mia gioia e alla mia vivacità; mi sentivo senza imbarazzo, perché lo comprendevo. Tutto quello che dicevo e facevo lo confortava e lo rianimava. Deliziosa sensazione! Tutta la mia natura ne traeva vita e luce; alla sua presenza vivevo intensamente, e lui alla mia”.
Un finale da sogno quindi ma non scontato. Una scrittura raffinata e precisa nella descrizione dei sentimenti e della natura, un linguaggio fresco e intenso, una storia che mi ha regalato tantissime emozioni, una storia che cattura il cuore e ruba l’anima di chi legge.
Come dice la scrittrice, “il sentimento senza la ragione è una bevanda annacquata, ma quest’ultima, non addolcita dal sentimento, è un cibo troppo amaro e indigesto per lo stomaco umano”.
L’amore è sempre la migliore medicina alle bruttezze della vita. A mio parere una storia così può solo insegnare. Amare non è mai una scelta sbagliata.
Consiglio a tutti questa lettura!
Elena Lombardi
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