Unione o fusione dei Comuni, altra commedia all’italiana
Non ci facciamo mancare nulla per essere derisi, giustamente, dalla comunità occidentale. Maccheroni e mandolini restano il nostro emblema nazionale, la nostra bandiera, il nostro inno.
Non c’è bisogno di fare sforzi per verificare che questa è una macchia che ci porteremo dietro per secoli, altro che sovranismo, progressismo, libertà e giustizia. Avanza il pressappochismo e il menefreghismo.
Prendiamo il caso dell’auspicato riordinamento dello Stato che prevedeva, dopo anni di faticosa elaborazione il passaggio da 6 livelli istituzionali (stato, regione, provincia, comunità montana, comune, municipi) a tre soli livelli (Stato, Regione, Comuni, in unione se piccoli). La riforma costituzionale, bocciata il 4 dicembre 2016 avrebbe dato una cornice più snella a detto ordinamento. Purtroppo, niente di questo è avvenuto e la strada per un ammodernamento è entrata nel sonno degli dei.
Lo Stato e le Regioni sono sempre lì a contendersi il potere, con continue contestazioni circa le materie da trattare, che si tratti di scuola o di vaccini o di infrastrutture. Le province sono sempre lì vive e vegete e, passato lo scampato pericolo della cancellazione, tornano a chiedere il ripristino totale delle loro funzioni. I comuni…. Ecco, per i comuni, erano stati previsti due livelli di diversa intensità:
l’unione dei comuni con meno di 5.000 abitanti, che mantengono autonomia, sindaci, consiglieri comunali, ma si alleano per gestire, insieme, tutti i servizi ai cittadini. L’Unione è obbligatoria dal 2010. Questo scenario “obbligatorio” fece da leva per proporre il progetto Almosava-Altosannio.
Purtroppo, l’obbligatorietà è sempre stata procrastinata e continuano le contestazioni perché essa venga cancellata; sorgono comitati, si sollevano proteste, si raccolgono firme, si attivano battaglie, si fanno barricate.
la fusione dei comuni sempre con meno di 5.000 abitanti facoltativa, soggetta a referendum, con un unico sindaco e un unico consiglio comunale. La facoltà non viene esercitata oppure viene boicottata anche qui con proteste e barricate.
L’Italia dei campanili è refrattaria a ogni cambiamento ed è pronta a dividersi in nome di una “identità ulteriore”; di contro, è del tutto negata alla comunione d’intenti. E, sull’altare della ”identità ulteriore”, si bruciano 4 miliardi di euro all’anno, che potrebbero essere risparmiati.
Ed è quasi miracoloso che, in questa follia identitaria, dopo 7 anni dai primi tentativi, siano state realizzate appena 535 Unioni che hanno coinvolto 3.105 i comuni per 10 milioni di persone.
Esse sono dislocate per la gran parte (ti pareva!) nel Nord Italia. L’Altosannio, grazie alla obbligatorietà procrastinata, ha perso ogni speranza di Unione o Fusione, finanche parziale.
Enzo C. Delli Quadri
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