Siamo l’esercito dei selfie
Non è la prima volta che ascoltiamo notizie relative al mondo dei social.
Ricordo il caso di Niccolò Ciatti, ventiduenne ucciso e picchiato a sangue in una discoteca a settanta kilometri da Barcellona, mentre tutti gli altri restavano impassibili a filmare la scena o il caso di Rimini dove un altro ragazzo di 24 anni ha avuto un incidente in moto ed è stato ripreso dal cellullare di un coetaneo negli ultimi istanti di vita. Nessuna solidarietà quindi, nessun primo soccorso, nessuna pietà. Il primo pensiero è immortalare la scena. Il primo pensiero è far partire la diretta Facebook. Per non parlare dei bulli che filmano le loro mostruosità come se fossero in un videogioco, pensando erroneamente di affermare così la loro individualità. Non sanno o nessuno ha detto loro che così facendo perdono la dignità.
Penso anche al video del gondoliere di Venezia sul Canal Grande, mentre i turisti sono tutti con gli occhi fissi sullo smartphone, ognuno perso nel suo mondo. E penso anche alle gite, ai viaggi che si fanno non per conoscere nuovi posti, nuove bellezze e nuove realtà ma solo per dare la posizione di dove sei ai tuoi amici di Facebook o per postarti lì e dimostrare che sei come tutti gli altri, capace quindi di spostarti e viaggiare.
C’è un confine sempre meno impercettibile tra la realtà virtuale e la realtà di tutti i giorni. I social network, i canali youtube, i like, i post sembrano aver cancellato totalmente la nostra umanità e il nostro “intelletto” come persone, facendoci assomigliare sempre più a dei robot telecomandati.
Secondo la mia modesta opinione, cerchiamo attraverso i social di definire noi stessi e la nostra personalità ma senza avere la consapevolezza che tutto questo invece distrugge il nostro vero io. Ci trasformiamo in numeri. Siamo dei semplici utenti persi in un oceano infinito, fatto spesso di immagini fittizie e false. Perdiamo il senso del reale. Non siamo più in grado di ascoltare gli altri. Non siamo più in grado di preoccuparci per l’altro. Non apprezziamo la vera compagnia. Non apprezziamo i paesaggi e la natura, non apprezziamo le salutari camminate all’aperto, non apprezziamo più l’arte perché siamo intenti a scattare foto non ad ammirare un’opera nel dettaglio. Siamo soli, incompresi e infelici.
Utilizzare i mezzi di comunicazione in questo modo maniacale, ci rende solo schiavi della tecnologia. Far parte della cosiddetta “generazione digitale” è a volte vergognoso quando non si sfruttano queste potenzialità per fare del bene. Dovremmo mostrare noi stessi solo a chi ci sta accanto “realmente”. Dovremmo valorizzare i nostri atteggiamenti tramite le buone azioni, il piacere di un buon caffè, il piacere di un atto di solidarietà, il saper parlare attraverso la comunicazione verbale ma anche quella non verbale, quella fatta di sguardi, di silenzi, di postura del corpo, quella fatta di sorrisi e abbracci veri. Dobbiamo imparare a usare i social nel modo giusto. Non possiamo oltrepassare quel confine invisibile per entrare nell’oblio, perché filmare un ragazzo che muore è già l’oblio.
Non ce ne rendiamo conto ma noi “esercito del selfie”, come recita il tormentone di Lorenzo Fragola, rischiamo in tutto questo marciume di perdere due aspetti fondamentali dell’uomo: il cuore e l’anima.
Neanche un milione di visualizzazioni potranno restituirci questo patrimonio!
Elena Lombardi
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