“Dentro l’arena”, dieci domande a Massimo Giletti

Alzi la mano chi si ricorda nei dettagli cosa ha fatto un giorno di 21 anni fa, ne alzi due chi può provarlo. Sì, magari qualcuno si è sposato, è diventato genitore o ha vinto la lotteria: eventi indimenticabili, eccezionali. Il mondo, tuttavia, prima di domenica sera aveva dimenticato che il 15 giugno 1997 è andata in scena una partita dell’ultima giornata del campionato di calcio di serie B italiano, ovvero Bari – Castel di Sangro, terminata con il risultato di 3-1.
Bari promosso in A, Castello già salvo al suo primo campionato di B: tutti contenti meno Joe McGinnis, arrivato dall’America per scrivere un libro sul “Miracolo di Castel di Sangro“, il cui ultimo capitolo getta ombre su quella partita. Joe non è più tra noi, così come i patron dei due club all’epoca, ma la redazione giornalistica di “Non è l’Arena”, canale La7, ha ritenuto opportuno tornare sul caso 21 anni dopo la gara, 18 dopo la pubblicazione del libro.
Lo ha fatto intervistando due calciatori di quella squadra (uno con una telecamera nascosta, l’altro senza espedienti) per confermare la tesi dello scrittore americano. Dopo aver visto il servizio, ci permettiamo di fare dieci domande a Massimo Giletti, conduttore del programma. Dieci domande per capire, perché al di là dei protagonisti, la comunità (sportiva ma anche civile) della città di Castel di Sangro ha tutto il diritto di chiedere qualcosa in più…perché, in un servizio durato più di mezz’ora, non c’è nessun riferimento esplicito alla data della gara (15 giugno 1997) o della pubblicazione del libro dal quale trae spunto l’inchiesta (1999), quasi a lasciare intendere che questi fatti si siano verificati l’altro ieri? E’ strano che un giornalista dimentichi la regola principale del mestiere, quello delle “5 W” (Who: chi? What: che cosa? When: quando? Where: dove? Why: perché?);
perché un calciatore parla di fatti scabrosi soltanto ora, ovvero a 21 anni distanza, e in particolare di un fatto rispetto al quale, essendo passato così tanto tempo, non sarebbe possibile raccogliere e valutare prove per arrivare ad una verità certa? Perché tutti si riempiono la bocca di “morale” e “valori”, ne professano la difesa e l’esaltazione ma poi raccontano fatti ormai ampiamente prescritti da qualsiasi codice?
perché un servizio che fa la morale al calcio deve essere commentato da un dirigente sportivo presente in studio, Luciano Moggi, che è stato radiato dalla Figc (con provvedimento confermato dal Consiglio di Stato), con tanto di reati penali in prescrizione post – Calciopoli (il più grande scandalo della storia recente del calcio italiano)? Non è lo stesso Giletti a concludere dicendo “la morale non va in prescrizione”?
perché, durante il servizio, si fa riferimento a “un nome importante dietro la vicenda”, si arriva a dire “saremo chiamati dalla Procura (federale)”, o ancora “alcuni nomi sono bippati ma li daremo a chi deve agire di competenza”? Che interessi può avere un programma generalista non solo ad augurarsi, ma ad essere certo (quasi fosse questo il reale scopo dell’inchiesta) dell’intervento di organi inquirenti?;
perché la notizia della condanna per diffamazione di McGinnis (da parte di un giudice italiano), citata quasi per caso da un ospite durante il servizio viene fatta passare sotto silenzio, e addirittura qualcuno arriva a dire “tutti abbiamo condanne per diffamazione”? In uno stato di diritto non è forse la sentenza di un organo di giustizia l’unico dato certo a poter dirimere le controversie, e a superare l’opinione o la parola?;
perché nessuno ha ricordato i tempi di prescrizione della giustizia sportiva (otto stagioni) per non parlare di quelli della giustizia ordinaria, dando invece per scontato che i fatti saranno oggetto di un’indagine della Procura Federale? La verità (sottaciuta) è che nessuno dei protagonisti coinvolti rischia assolutamente nulla… Ah, a proposito, la Procura Federale fa parte dalla Figc, non certo dalla Lega Calcio…;
perché coloro i quali hanno voluto fare la morale al calcio italiano sono gli stessi che giustificano un calciatore che parla a 21 anni di distanza (senza alcuna prova diretta, ma soltanto con parole), ritenendo che al tempo fosse “troppo giovane”, dimenticando, come già detto, che i fatti si prescrivono dopo 8 stagioni (e che pertanto avrebbe potuto parlare quando di anni ne aveva 26 e non 18, ma ha preferito sempre tacere)?;
perché, a proposito di prove, in un servizio durato più di mezz’ora non ve ne è la minima traccia? Nessun filmato e nessun audio dell’epoca, nessun “pezzo di carta”? E’ così che si fa giornalismo, è così che si avanzano sospetti, è così che si getta fango su una comunità, su un paese ancora oggi sede di importanti appuntamenti sportivi, sul nome di un club che ha scritto una pagina di storia del vituperato calcio?
perché, sempre nel rispetto delle regole del giornalismo, non è stato dato modo a nessuno della dirigenza dell’epoca di dire la sua? Non è nel rispetto del contraddittorio delle parti che si fanno non solo i processi, ma anche i servizi giornalistici? E’ davvero strano che un giornalista dimentichi questi aspetti fondamentali per il rispetto non solo del proprio lavoro, ma anche dell’esigenza di ricercare la pura verità…
quando è nata l’idea di questo servizio? Perché è strano che un giornalista si sia accorto di una partita di 21 anni fa oggi, è ancora più strano che abbia letto oggi un libro uscito nel 1999, ed è stranissimo che abbia intervistato quel calciatore (è lui stesso a dire che è andato da questi con una ‘scusa’) in questo momento. Quale? Nel momento in cui la Figc (come si lascia scappare Moggi) deve eleggere il presidente.
Dottor Giletti, noi speriamo che risponda a tutte le domande. Castel di Sangro ha il diritto di sapere, e non ci sta ad essere “sputtanata”. Ah, a proposito, le assicuriamo che non è un paese così “sperduto”. Venga pure a farsi un fine settimana: potrà mangiare bene (c’è uno chef con 3 stelle Michelin), fare sport (c’è un centro federale per il calcio ma anche per il tennis) e andare anche a sciare (ci sono impianti invidiabili). Però, prima, la prego: ci risponda!
Marco Santopaolo
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