Emergenza cinghiali, Legambiente Molise lancia l’appello alla regione
L’emergenza cinghiali in Molise è figlia di una gestione non oculata del controllo sulle riproduzioni. Il proliferare degli ungulati è un problema serio e reale. Infatti, il conflitto del cinghiale con gli ecosistemi agrari è evidente e si concretizza sia in un impatto diretto, dovuto al prelievo ai fini alimentari delle diverse specie coltivate ed all’attività di scavo che danneggia le piante, sia in un impatto indiretto dovuto al calpestio delle colture durante gli spostamenti, all’attività di ‘rooting’, ovvero un particolare comportamento di scavo che ha lo scopo di prelevare invertebrati o tuberi, e al danneggiamento di muretti a secco, recinzioni e altre strutture.
“Un problema così complesso – dichiarano da Legambiente Molise – non può essere affrontato in maniera approssimativa, ma è inevitabile una gestione di tipo attiva, fatta di scelte studiate, programmazione e interventi concreti. È dunque improcrastinabile l’ideazione di un Piano di gestione e di controllo della specie. L’evoluzione storica e la situazione attuale relativa alla presenza del cinghiale (Sus scrofa) in Italia e le migliori tecniche per la gestione sono state ben fotografate da quanto ampiamente descritto e illustrato in tutti i volumi e rapporti pubblicati in Italia negli ultimi venti anni, motivo per cui non dovrebbe essere particolarmente complesso stilare il suddetto Piano”.
L’approccio efficace per la risoluzione dei danni causati dal cinghiale è quello che prevede una pianificazione spaziale, numerica, temporale e sanitaria della presenza della specie, unitamente alla corretta definizione delle diverse tecniche di intervento (prevenzione, controllo, attività venatoria).
Un elemento essenziale del corretto approccio da assumere da parte dell’Ente gestore è legato alla corresponsabilità gestionale attribuita alle due categorie sociali chiave: agricoltori e cacciatori. L’attività venatoria così come gestita oggi, oppure consentire agli agricoltori con porto d’armi l’abbattimento degli individui non sono le soluzioni al problema, né possono essere considerati palliativi.
I piani di gestione devono essere conformi alle linee guida dell’ISPRA, che prevedono sia il selecontrollo, per mezzo di personale formato e autorizzato, che le catture di cinghiali con l’avviamento degli stessi alla macellazione, predisponendo e allestendo adeguati centri di raccolta e di lavorazione delle carni ai sensi della Direttiva Comunitaria 853/2004. Interventi da compiere con le dovute interpretazioni del caso, sia nelle aree protette che al di fuori di esse, nelle cosiddette aree vocate ed a maggior ragione nelle aree non vocate per non rendere inefficaci i piani stessi.
È evidente quindi la necessità per la Regione di dotarsi di una programmazione delle attività di gestione venatoria per la specie, mettendola al passo con le altre regioni italiane.
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