Non è stato l’uragano che ha imperversato l’altro giorno sull’Inghilterra o la Germania ma il vento fortissimo ha spazzato le cime più alte del Molise altissimo. A pagare di più Pescopennataro che ha visto alberi spezzati, tombini divelti e finestre rotte dall’impeto del vento. Proprio per la paura che gli alberi cadessero sulla rotabile, stamani la strada che dal centro alto molisano conduce verso Castel del Giudice è stata chiusa al traffico dal responsabile del settore Viabilità e Trasporti della Provincia di Isernia.

“A seguito delle avverse condizioni atmosferiche di forte vento – si legge nella comunicazione della Provincia – che hanno già causato inclinazione di alberi di alto fusto, con possibili sradicamenti degli stessi, su indicazione dei Vigili del Fuoco, la Strada Provinciale n. 84 Istonio-Sangrina, tratto da Pescopennataro alla Colonnetta, sarà chiusa momentaneamente alla circolazione veicolare dalla data odierna (11 febbraio, ndr) e fino a quando ci saranno le condizioni di sicurezza“.

Con un’apposita ordinanza il sindaco Carmen Carfagna ha altresì disposto la chiusura del cimitero di Pescopennataro al pubblico ed il divieto di transitare a piedi o con altri mezzi nei parchi e nelle aree pubbliche con presenza di alberi. Nell’avviso inoltre, il sindaco invita i cittadini ad “osservare particolare prudenza negli spostamenti limitandoli a quanto strettamente necessario. A rimuovere lamiere sulle cataste di legna ed assicurare stabilmente o a rimuovere, da finestre e balconi, elementi mobili quali piante, coperture, strutture provvisorie o qualsiasi oggetto che possa essere trasportato via dal vento“.

“Ovviamente – ci dice il sindaco Carfagna – appena accertato che la situazione andrà calmandosi procederemo con i dovuti sopralluoghi, ripristinando le condizioni di sicurezza“. Una situazione non facile quella di oggi nel centro alto molisano con raffiche di vento che hanno raggiunto i quasi 100 chilometri orari. Temperature alte rispetto al periodo. Con la speranza che già domani la forza di Eolo si plachi.

Vittorio Labanca