Italia campione d’Europa, c’è un bel pezzo di Castel di Sangro nel capolavoro della Nazionale
C’è un sottile filo rosso che unisce Wembley e Castel di Sangro. Un filo sottilissimo, ma lungo la bellezza di 1912 km e costruito in 25 anni di passione e dedizione. Quel filo è opera di un sarto d’eccezione, che di nome fa Gabriele e di cognome Gravina.
Lo stesso che ieri era accanto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ad assistere all’ultimo atto di Euro2020 e a comporre un’immagine che resterà scolpita in maniera indelebile nella memoria di tutti gli italiani.
Un filo, dicevamo, che a ben vedere non è propriamente rosso, ma giallorosso. Perché c’è più di una analogia tra la l’Italia campione d’Europa e il Castel di Sangro che 25 anni fa conquistò la serie B. Due imprese diverse, nel tempo e nelle dimensioni, ma che pure hanno qualcosa in comune.
A partire dal timoniere. Fu Gabriele Gravina il presidente del Castel di Sangro che conquistò serie B e ribalta nazionale, facendo gridare al “miracolo sportivo”. Ed è Gabriele Gravina, oggi, il presidente della Figc, con una Nazionale raccolta dalle ceneri e in meno di tre anni portata sul tetto d’Europa. Un capolavoro frutto di programmazione e di scelte lungimiranti, in grado di risvegliare l’orgoglio nazionale e di restituire credibilità a tutto il sistema calcio in Italia.
Non si può, poi, non pensare alle modalità con cui è maturata la vittoria di ieri sera. E chissà che, anche solo per un attimo, in quelle concitatissime fasi tra tempi supplementari e calci di rigore nella mente (e nel cuore) di Gabriele Gravina non sia passato anche un fotogramma di un’altra finale, decisa sempre dagli 11 metri.
Era il 22 giugno 1996 e allo stadio “Pino Zaccheria” di Foggia il Castel di Sangro allenato da Osvaldo Jaconi si giocava la promozione in B contro il ben più quotato Ascoli. Altri tempi, altro calcio, altro tutto. Ma un contesto che con le debite proporzioni e un po’ di nostalgia ricordava quello di Wembley: pronostico a sfavore e stadio con larghissima prevalenza di tifosi avversari.
Tutti sappiamo come andò a finire quel “Davide contro Golia” e lo sa, per sentito dire, anche chi nel 1996 non era neppure nato. Probabilmente lo sa anche Gigio Donnarumma, classe 1992, che oggi è il nostro nuovo Pietro Spinosa.
Ma Castel di Sangro con i colori azzurri ha un legame speciale che va anche oltre quella natura forse un po’ troppo nostalgica. Ben sette giocatori dell’Italia campione d’Europa sono passati infatti prima per il rettangolo verde del “Teofilo Patini”.
Manuel Locatelli, Domenico Berardi, Federico Bernardeschi e Andrea Belotti, tutti in campo ieri sera a Wembley (due di loro, Berardi e Bernardeschi, anche in gol) hanno calcato il campo del Patini con l’Under 21.
A Castel di Sangro gli azzurrini hanno disputato sei gare tra amichevoli e qualificazioni agli europei di categoria (di cui l’ultima nel 2019), con un bilancio assai positivo: 5 vittorie e un pareggio, 23 gol realizzati e solo 2 subiti.
A Castel di Sangro sono passati la scorsa estate e salvo sorprese del calciomercato torneranno in ritiro tra meno di un mese anche i calciatori del Napoli Lorenzo Insigne, Giovanni Di Lorenzo e Alex Meret.
A Castel di Sangro è passato inoltre il ct Roberto Mancini, che a dicembre 2018 aveva accompagnato Gabriele Gravina in occasione della consegna della cittadinanza onoraria al Presidente della Federcalcio.
Non è tutto. Perché ieri sera a Wembley c’era un pezzo di Castel di Sangro anche nello spicchio che ospitava i 6619 fortunatissimi tifosi italiani che hanno assistito alla finale. Al “block” 136, “row” 40, “seat” 68, c’era Giancarlo Tocci, (Video) che a Londra vive dal 2008 e lavora come chef.
Trentaquattro anni, castellano orgoglioso delle sue origini e un passato nella Scuola Calcio del glorioso Castel di Sangro, è uno dei 350mila italiani residenti nella capitale inglese.
A fare il tifo per gli Azzurri è andato in compagnia di tre amici: un amico italiano (che gli ha regalato il preziosissimo ticket), un australiano e un giapponese. Sembra l’inizio di barzelletta, ma per Giancarlo è già una delle favole più belle di sempre, tra quelle viste con i propri occhi.
Forse al pari di quella del Castel di Sangro in serie B, quando aveva 10 anni. Ma quella è un’altra storia. Forse.
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