Don Dante: centenario della sua nascita, festeggiamenti a San Giovanni Lipioni
Domenica 17 luglio a San Giovanni Lipioni sarà ricordato don Dante Rossi, nel centenario della sua nascita. Ecco quanto, a riguardo, il Vescovo Claudio Palumbo ha scritto nella giornata sacerdotale del Giovedì santo 2022.
“Innanzitutto un cordiale, sincero e beneaugurante saluto a quanti intendono onorare don Dante Rossi, nel ricordo festoso del centenario della sua nascita, così come a quanti avranno tra le mani queste pagine ricche di memoria e di affetto. So bene che il nome e la originalità dell’attività pastorale di questo Sacerdote, originario di San Giovanni Lipioni e per venticinque anni parroco in San Giovanni Battista di Castel di Sangro, allora parte della nostra Diocesi di Trivento, si erano diffusi ben oltre i confini diocesani, compresi quelli della mia Diocesi di origine e provenienza
Don Dante era rinomato ed apprezzato sotto il profilo umano, spirituale, pastorale e culturale. Pur non avendolo conosciuto personalmente, il richiamare i dati del mio “sentito dire” e del mio apprendere da queste pagine, su un sacerdote così poliedrico, qual è stato don Dante Rossi, e riassumerlo qui mi è materialmente e francamente difficile e rischierei di essere limitativo.
Nella sua ricca biografia è impossibile non considerare, oltre il suo ministero di parroco, tutto quello sociale, culturale o pastorale con la “P” maiuscola. Egli aveva lasciato il segno come assistente diocesano prima, e regionale poi, di Azione Cattolica, nonché come vicario generale della Diocesi triventina, riversando quelle medesime sue cure e premure di Sacerdote anche sulla piccola parrocchia della cittadina di Castel di Sangro.
Qui aveva costruito una vera famiglia parrocchiale. Intorno a lui, parroco, si erano coagulate tante famiglie che egli seguiva con discrezione e dedizione, senza “far rumore”. In forza del suo carattere volitivo e dinamico, l’attenzione per i giovani è stata sempre una delle sue caratteristiche principali, con quell’accompagnamento personale di tanti ragazzi e dei giovani, tantissimi giovani in Azione Cattolica e poi seriamente nell’ambito del volontariato e dell’impegno politico e sociale.
Don Dante certamente era un sacerdote dalla fede granitica, animato da un grande amore per il suo popolo, specie per le nuove generazioni. Attorno alla sua paternità sacerdotale, riflesso di quella di Dio Padre, crebbe una comunità attenta ai bisogni della gente, a partire dall’amore fraterno, aperto a tutti.
La sorgente più prossima di tale amore trascendente per don Dante stava in Gesù, il Buon Samaritano che, come ci ha anche ricordato papa Francesco nella sua ultima enciclica Fratelli tutti, è il Figlio di Dio che si fa prossimo, per redimere, per soccorrere i peccatori, coloro che sono a terra, derubati ed emarginati, per integrare tutti in un’unica famiglia.
Al centro del suo slancio caritativo, per certi versi vulcanico, generatore di svariate attività pastorali e sociali, don Dante poneva l’impegno dell’annuncio di Gesù. Si trattava di un annuncio non solo verbale, ma incarnato in tante opere di bene, tali da rimandare a Colui che doveva essere conosciuto ed amato non per abitudine, ma per convinzione, non formalmente, ma con sincerità di cuore, non per proselitismo, ma con libertà di coscienza.
In sostanza, l’evangelizzazione di don Dante avveniva in un ambiente ove si respirava naturalmente l’amore di Dio non solo proclamato, ma soprattutto vissuto con una spiccata intelligenza d’amore. L’ambiente familiare della comunità parrocchiale doveva essere un luogo di proposta della bellezza del bene, di contagio positivo, non di imposizione. Nel suo metodo pastorale e pedagogico era preminente il far fare un’esperienza ricca e gioiosa della vita cristiana.
Facile a dirsi per noi, ma per don Dante voleva dire mettere in cantiere molteplici attività pastorali, con creatività, con un metodo preventivo, andando incontro ai bisogni delle famiglie e dei giovani. Tra le attività sbocciate dal suo cuore e dalla mente di un parroco così premuroso per i fedeli a lui affidati, molti ricordano ancora le Colonie estive al mare per centinaia di ragazzi e i campeggi estivi, sempre al mare, per i giovani dell’A. C. diocesana e i pellegrinaggi annuali a Lourdes con le persone mature?
Il tutto con la collaborazione di laici illuminati e che si sentivano corresponsabili. Come molti, soprattutto presbiteri, non dimenticano la bella abitudine di creare incontri conviviali con i confratelli sacerdoti: erano momenti non solo di serena familiarità, ma anche di confronto su problemi pastorali, sociali, culturali e religiosi, ma anche, e prima di tutto, di crescita nella fraternità sacerdotale.
I sacerdoti fervorosi e dinamici nell’amore, artigiani di bene e di pace, sono una benedizione e una fortuna per coloro che li incontrano sulla propria strada. Tali presbiteri lasciano una traccia profonda nello spirito e nelle relazioni, accrescono la nostalgia di Dio. Quanti bei ricordi ha lasciato don Fante a questa comunità sia religiosa che civile!
La sciando emergere i tanti ricordi, ben sedimentati nel cuore di quanti l’hanno conosciuto e frequentato, ritengo che si potrebbe e si dovrebbe continuare a scrivere tanto altro su questo Sacerdote. Quella di don Dante è stata una bellissima pagina di ministero pastorale scritta con l’inchiostro indelebile dell’amore per ogni persona e per ogni realtà di questa comunità diocesana.
L’eredità e il pegno lasciato ai suoi parrocchiani e a quanti lo hanno conosciuto in Diocesi e fuori, sono quelli di continuare a scriverne altre pagine per ricordare come sapeva annunciare il Vangelo con la sua bella parola e con la testimonianza concreta ed incisiva.
Intanto auguro che queste pagine contribuiscano felicemente a far riemergere quei ricordi che mettano in risalto tutto ciò che egli aveva nel cuore e che ha lasciato come eredità indelebile, da assumere per il rinnovato annuncio del Vangelo nel mondo post-moderno per una rinnovata coscienza ecclesiale, articolata nei potenti dinamismi della comunione, partecipazione e missione. Con ogni benedizione nel Signore”.
+Claudio Palumbo, vescovo
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