Abbattimento cervi Abruzzo: il Tar respinge il ricorso delle associazioni
Il Tar Abruzzo ha respinto il ricorso delle associazioni ambientaliste contro la delibera regionale che autorizza l’abbattimento di circa 500 cervi. Questa misura, che entrerà in vigore dal 14 ottobre 2023 e durerà fino al 15 marzo 2025, ha sollevato molte polemiche, ma secondo i giudici amministrativi, la popolazione di cervi è sottostimata e necessita di una regolazione. L’intervento si svolgerà nei territori di Avezzano, Sulmona, Subequano, L’Aquila e Barisciano, esclusivamente al di fuori delle aree protette.
Negli ultimi anni, la popolazione di cervi in Abruzzo è aumentata esponenzialmente, creando notevoli squilibri ecologici e problemi per le attività umane. Gli ungulati sono stati ritenuti responsabili di gravi danni all’agricoltura locale, distruggendo coltivazioni e compromettendo raccolti. Inoltre, la loro presenza massiccia ha contribuito ad aumentare gli incidenti stradali: attraversando improvvisamente le strade, i cervi diventano un serio pericolo per automobilisti e motociclisti.
Dal punto di vista ambientale, il sovrappopolamento di questi animali ha determinato uno squilibrio negli ecosistemi. La brucatura intensiva delle piante da parte dei cervi ha ridotto la biodiversità vegetale in alcune aree, mettendo a rischio altre specie animali e l’integrità del paesaggio naturale.
La decisione di procedere con l’abbattimento controllato dei cervi non è stata presa alla leggera. Le autorità regionali, in collaborazione con esperti faunistici, hanno valutato che il prelievo di un numero limitato di esemplari è fondamentale per ristabilire l’equilibrio tra la fauna selvatica e l’ambiente circostante, oltre a garantire la sicurezza dei cittadini. Questo tipo di intervento rientra in un piano di gestione faunistica che mira a controllare le popolazioni di animali selvatici senza compromettere la sostenibilità ambientale.
Le associazioni ambientaliste hanno criticato la misura, sottolineando che si sarebbe potuto optare per alternative meno drastiche, come il trasferimento degli animali in altre aree o l’uso di metodi anticoncezionali per ridurre le nascite. Tuttavia, la Regione Abruzzo ha risposto affermando che tali misure non avrebbero risolto il problema con la necessaria rapidità.
Le associazioni hanno ancora la possibilità di impugnare la sentenza presso il Consiglio di Stato, cercando di bloccare o modificare la delibera. Fino ad allora, il piano di abbattimento resta attivo, con l’obiettivo di garantire un equilibrio sostenibile tra uomo e natura, una questione sempre più complessa in regioni come l’Abruzzo, dove l’incontro tra attività umane e fauna selvatica è inevitabile.
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