Abruzzo, i cambiamenti climatici stanno danneggiando le nostre montagne
Sono appena stati pubblicati i risultati di una ricerca scientifica, curata dai Carabinieri per la Biodiversità e dall’Università di Roma Tre, che dimostra la grave situazione di “degenerazione” nella quale versano gli ecosistemi di alta quota del Gran Sasso d’Italia, sulla base di trent’anni di ricerche svolte in un sito della Rete internazionale di Ricerche Ecologiche a Lungo Termine LTER, gestito direttamente dai Carabinieri per la Biodiversità, che comprende anche due habitat tutelati al livello europeo dalla Direttiva Habitat.
La ricerca, pubblicata sul numero 34 della prestigiosa rivista internazionale Nature Conservation e liberamente accessibile a chiunque (https://doi.org/10.3897/natureconservation.34.30218), è stata curata dal Ten. Col. Bruno Petriccione (del Reparto Carabinieri Biodiversità di Castel di Sangro) e dal Dr. Alessandro Bricca (del Dipartimento di Scienze dell’Università di Roma Tre). L’articolo scientifico (Thirty years of ecological research at the Gran Sasso d’Italia LTER site: climate change in action) è stato pubblicato in un’edizione speciale della rivista dedicata alla Rete LTER-Italia, con il titolo Italian Long-Term Ecological Research for understanding ecosystem diversity and functioning. Case studies from aquatic, terrestrial and transitional domains, ove compaiono altri lavori curati da ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche, di varie Università e di altri enti di ricerca.
Trent’anni di ricerche condotte direttamente dagli ecologi del Corpo forestale dello Stato e poi dei Carabinieri per la Biodiversità hanno consentito di appurare il progressivo incremento delle specie adatte a tollerare stress ecologici, temperature più elevate ed aridità, a danno di quelle più adattate al prolungato innevamento, a temperature più basse ed a maggiore disponibilità di acqua. In alcuni tipi di ecosistemi (in particolare, in un habitat prioritario tutelato dalla Direttiva UE Habitat), il 20% delle specie più sensibili è completamente scomparso, mentre molte altre sono state progressivamente sostituite da specie più termofile ed opportuniste (è il caso del Trifolium thalii, sostituito ormai quasi completamente dal più banale Trifolium pratense).
Secondo gli autori, i cambiamenti osservati potrebbero portare, a medio e lungo termine, ad un processo di disgregazione delle comunità vegetali degli Appennini, inclusa l’estinzione locale delle specie più adattate all’innevamento prolungato ed alle basse temperature. Questi fenomeni sono riconducibili ai cambiamenti climatici osservati nell’ultimo secolo (in particolare negli ultimi cinquant’anni), consistiti principalmente in una forte riduzione della durata del manto nevoso, in un incremento delle temperature medie e minime annuali ed in un forte aumento della variabilità nelle precipitazioni sia piovose sia nevose.
La ricerca conferma anche il riscaldamento climatico in corso a livello globale: al Gran Sasso la temperatura media annua è aumentata di 1,7°C negli ultimi 65 anni, corrispondenti ad un aumento annuo medio per decade di 0,26 °C, cioè più del doppio degli stessi valori osservati a livello globale (0,7 °C negli ultimi 60 anni e 0,1 °C per decade), e molto vicini all’aumento previsto, per l’anno 2100, di 2,0 °C per anno, secondo l’IPCC delle Nazioni Unite.
La conoscenza scientifica di quanto sta accadendo agli ecosistemi di alta quota degli Appennini è molto preziosa, in quanto costituisce la base fondamentale per guidare le misure di conservazione degli habitat e delle specie minacciati dai cambiamenti climatici, oggi tutelati a livello nazionale dai Parchi e dalle Riserve e a livello sovranazionale dalla Direttiva Habitat dell’Unione Europea. E’ quindi importante che l’ente gestore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga (e contemporaneamente dell’omonimo Sito di Interesse Comunitario) assuma ogni iniziativa utile per rafforzare la protezione di questi fragili ecosistemi di importanza nazionale ed europea: tra di queste, il divieto assoluto di realizzare ulteriori impianti sciistici o altre infrastrutture, il divieto assoluto di pascolo di animali domestici ed un’efficace regolamentazione dell’afflusso turistico, divenuto ormai insostenibile nei periodi di punta.
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