Coronavirus Alto Sangro, è tornato l’odore del pane
Nelle nostre case è tornato l’odore del pane, si è fatto preannunciare da un’esimia pasta madre. Siamo tornati dinanzi ai quietati forni, abbiamo scoperto che il boschetto vicino casa, è abitato da frasche e rami capaci di donare nuovamente voce e luce ai nostri forni. Per decenni abbiamo lasciato che le ragnatele avessero in piena disponibilità, quelli che in passato erano i caposaldi di ogni abitazione.
Questa propensione al disconoscimento e all’abbandono, di una delle più sacre modalità di sostentamento, l’abbiamo praticata con testardaggine, sposando il mondo veloce, il mondo dei sottovuoti, il mondo dei cibi pronti, il mondo dei cibi importati, il mondo dei cibi tenuti in caldo dalla plastica e dal polistirolo. Un mondo che ci ha dato tanto, ci ha fatto sentire importanti, belli, capaci, immortali ed invincibili.
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Un mondo che oggi ci è irraggiungibile e che si rivela per molti aspetti prestigiatore, un mondo che ha acceso guerre ed è sordo ai pianti dei bambini, un mondo che velocemente si contagia e lentamente si ama e si protegge. Questa è una fame che seppur non solo di pane può essere pacata solo con il pane.
Con il pane che come noi ha bisogno di un lievito madre, scaturente dalla combinazione di una nuova acqua, una nuova aria, un nuovo ambiente, tutto a condurre a un nuovo inizio. Come il pane abbiamo urgenza di riposare nella mesa amica, di lievitare a nuovo, di assumere forma di pagnotte genuine, di essere battezzati dalla croce di chi ci prepara, di essere deposti in coperte semplici e calde affinché riprendiamo sicurezza e stima, di essere accompagnati da canti di devozione e di allegria, di acquisire fragranze nuove in forni roventi ma pinti. La nuova venuta si conserverà in stipi antichi, forti e sinceri che non temono gli inverni. Educhiamoci al pane.
Cesira Donatelli
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