Coronavirus, la drammatica testimonianza di una ragazza di Agnone
Ha voluto affidare la sua esperienza ai social network dopo una degenza ospedaliera per sospetto coronavirus. Lei è “Anna” (nome di fantasia) di Agnone che risiede in un paese del pescarese. “Aspetto l’esito del tampone bocca naso, per il momento però la tac ai polmoni é risultata negativa” ci dice confidenzialmente. “Una scelta difficile quella di condividere con i miei amici anche lontani un momento delicato, ma lo faccio per un messaggio ben preciso. -+ l’inizio della lettera della giovane agnonese – In questi giorni abbiamo sentito tante volte la frase: restate a casa.
E amici si, dovete restare a casa. Dovete farlo per voi stessi, per gli altri, per i più deboli, per i vostri bambini, per i vostri anziani. Vengo da un periodo difficile, una polmonite che non passa, e in 20 giorni 2 volte l’ambulanza a casa. Ho fatto una cura di cortisone e antibiotico per 9 giorni, nonostante ciò ho continuato ad avere episodi di febbre. Due giorni fa mi sono svegliata malissimo. Fiato corto.
Dolori influenzali. Il mio compagno era a lavoro. Io a casa con mio figlio. Di colpo la sera febbre 38.5 e respiravo male, tosse e dolori forti al petto. Abbiamo chiamato il 118 che è venuto subito a casa. Preoccupazione. Pianti. Guardavo il mio compagno e non potevo crederci. Mi hanno portato subito in ospedale, erano le 23.15 circa. Siamo arrivati in ospedale, una situazione da non credere. Mi hanno visitata fuori dall’ospedale. Non potevano avvicinarsi. Febbre. Tosse forte. Respiro corto.
Non potevo stare nella sala d’attesa, allora sono stata tutta la notte su una sedia in una tenda, fuori. Faceva freddissimo, ma purtroppo ero in attesa del tampone del coronavirus. Dormivo a tratti, in quella sedia vuota un signore anziano preoccupato, tutti con la mascherina, le ambulanze per tutta la notte continuavano a venire, ad un certo punto è arrivata addirittura una famiglia intera, con l’ossigeno, non respiravano, mamma, padre e figli. Il signore anziano davanti a me, dormiva sulla sedia ma continuava ad agitarsi nel sonno, preoccupato. Aveva freddo, ma non potevano farci stare dentro.
Gli ho detto: tranquillo, passerà. Lui ha alzato gli occhi al cielo. Ho pianto. Tanto con la mascherina non si vedeva. Si coccolava quasi da solo, massaggiandosi le gambe e stringendosi nella sua felpa. Un continuo suonare di sirene. Tutti sospetti covid-19. Eravamo soli, in attesa di risposte. Nessun parente. Solo chiamate con i nostri cari. Ora sono a casa, in isolamento e attendo l’esisto del test. Oggi (16 marzo, ndr) mi hanno chiamato dall’ospedale per sapere comunque come va. Mi hanno dato una cura. Sto meglio. Ma questa polmonite mi sta togliendo tutto a volte. I momenti belli con la mia famiglia, non poter stare vicinissima a mio figlio. Mi innervosisce, non mi fa stare tranquilla. Ho condiviso questa foto per farvi vedere cosa si passa con questo maledetto virus, che l’attesa è in una tenda al freddo, che nessuno ti si avvicina, che nessuno ti fa una carezza perché non possono, però ti sono comunque vicino. Quindi davvero RESTATE A CASA.
Un ringraziamento all’ospedale di Pescara che poi per il troppo freddo mi ha donato uno scaldino e così ho riposato su una sedia, anche se il pensiero era mio figlio, anche quando il respiro sembrava abbandonarmi“.
Vittorio Labanca
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