Castel di Sangro, convegno per ricordare il “Progetto pilota per l’Abruzzo”
Nella storia del servizio sociale una delle pagine più significative è rappresentata dal Progetto Pilota per l’Abruzzo, termine di cui la maggioranza delle persone probabilmente non sa il significato, come non lo conoscevo io fino a poco tempo fa. Nonostante mio padre mi avesse parlato sempre della loro presenza, non ero mai riuscito a spiegarmi il motivo per cui a Castel di Sangro e paesi limitrofi ci fossero state tante assistenti sociali, finché nell’ultimo periodo dovendo affrontare delle ricerche per motivi di studio mi sono trovato fra le mani un libro che ne spiegava la ragione.
Una volta svelato l’arcano non mi sono accontentato di appagare la mia curiosità mondana ma ho voluto approfondire la lettura del testo e fare ulteriori ricerche attraverso google. Sono venuto così a sapere che queste persone di varia provenienza erano arrivate nell’Alto Sangro e nell’Aventino perché impegnate in un progetto che a tutt’oggi per la sua impostazione metodologica e la sua valenza culturale costituisce una pietra miliare del servizio sociale. Il loro compito era infatti quello di entrare in contatto con la realtà locale e attivare un programma educativo che coinvolgesse la popolazione favorendo lo sviluppo della comunità. L’idea era partita da Angela Zucconi, la quale appena rientrata dall’America, propose all’UNRRA Casas, che era già presente sulla zona come ente preposto alla ricostruzione edilizia del dopoguerra, di avviare il Progetto Pilota per l’ Abruzzo avvalendosi della collaborazione del Centro Educazione Professionale Assistenti Sociali (CEPAS) con l’approvazione dell’UNESCO e del Ministero degli Affari Esteri Italiano.
Il compito degli assistenti sociali, oltre a fungere da osservatori sociali per monitorare il territorio e far recapitare informazioni utili anche ad altre figure (medico, maestro, tecnico agrario), era quello di fornire un supporto all’ organizzazione dei gruppi che si andavano formando tra le persone del posto e far si che la gente prendesse autonomamente coscienza dei problemi e potesse prospettare delle soluzioni che non dovevano arrivare dall’esterno. L’ attività culturale doveva servire a vincere la ritrosia e poter creare nella comunità l’abitudine di riunirsi e di discutere; la lettura dei libri o la visione collettiva di qualche film a cui seguiva un commento da parte dei presenti rappresentavano, infatti, una presa in comune e una esperienza vissuta insieme.
Il Progetto Pilota che si contraddistinse per la sua portata innovativa e l’enfasi posta sul processo educativo in grado di favorire la democrazia partecipativa com’era nella mente dei suoi artefici sarebbe dovuto durare quattro anni, dal 1958 al 1962, anche se, a causa della morte di Adriano Olivetti, che rappresenta un’altra figura fondamentale soprattutto per il suo ruolo di collante tra l’UNRRA Casas e il CEPAS, l’ esperienza terminò due anni prima (1960), nel silenzio più assoluto, scrivendo la parola fine sul più brillante progetto comunitario della storia italiana.
Per ricordarlo l’Associazione culturale “Terza Pagina”, il CISAS e l’Archeoclub con il patrocinio del Comune di Castel di Sangro hanno organizzato in collaborazione con il Dipartimento di studi umanistici dell’ Università di Trieste e con la fondazione A. Olivetti, fondo A. Zucconi, un evento che si terrà a Castel di Sangro il 25 agosto p.v. alle ore 18.00 presso i locali del museo civico Aufidenate.
All’introduzione di Terzio Di Carlo faranno seguito gli interventi di: Elisabetta Bini dell’università di Trieste che ha curato la ricerca storica ed ha realizzato un video documentario; Florita Botts Direttrice del Progetto Pilota per l’ Abruzzo e del Professore Francesco Sabatini, Presidente emerito dell’ Accademia della Crusca.
Piergiorgio Rocci
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