‘La generazione del dopoguerra’, Terzio Di Carlo presenta il libro a Castel di Sangro
Un appuntamento letterario di assoluto rilievo è previsto a Castel di Sangro, giovedì 17 agosto, per gli appassionati della cultura locale. A proporlo è l’Associazione Culturale ‘Terza Pagina‘. Si tratta della presentazione dell’ultima opera di Terzio Di Carlo, “La generazione del dopoguerra“.
Presenze prestigiose sono state chiamate a dare lustro a questo bel momento culturale. La prefazione è stata affidata a Francesco Sabatini, presidente emerito dell’Accademia della Crusca; il prologo a Ezio Mattiocco, rettore dell’università sulmonese della libera età. In scaletta sono previsti anche gli interventi di Angelo Caruso – Sindaco di Castel di Sangro e Presidente della Provincia dell’Aquila; Cinzia Falini, presidente regionale dell’associazione italiana biblioteche; Cosimo Savastano, storico dell’arte e poeta.
Il Museo civico Aufidenate, (Convento della Maddalena), ospiterà l’evento alle ore 18. In caso di maltempo la presentazione si svolgerà al Teatro F.P. Tosti in via Porta Napoli.
Il libro
E’ il terzo volume dei Quaderni sangrini, collana di cultura società e storia diretta da Terzio Di Carlo, rappresenta e ricostruisce, per quanto possibile, in una trama tra cronaca e storia, idee iniziative e realizzazioni dell’associazione CEP – Centro Educazione Popolare -, costituitasi a Castel di Sangro nel 1953, a conclusione dei Corsi di Educazione Popolare che il Ministero della P.I. organizzava per la formazione dei giovani che erano sopravvissuti alla catastrofe del secondo conflitto mondiale.
Le tante attività, culturali sportive e ricreative, prodotte nel corso di quattro decenni dall’Associazione CEP, per intensità e spessore, hanno avuto certamente un ruolo rilevante nella formazione umana e sociale dei giovani di Castel di Sangro e dei centri dell’Alto Sangro.
La storia del CEP, soprattutto quella del primo periodo, non può essere dissociata da quella dell’intera comunità castellana e dei centri limitrofi dopo l’immane tragedia della guerra. Sopra ogni cosa incombeva la necessità della ricostruzione dei centri abitati rasi al suolo dalle armate germaniche e a tale impresa tutti si adoperavano con fervore. Oltre alla ricostruzione materiale, non meno importante, era il dovere di ricreare le condizioni sociali e morali per la ripresa della vita. In questa prospettiva i ragazzi e i giovani, nel frattempo tornati a scuola in precarie e improvvisate aule, dovevano prepararsi e attrezzarsi per assumere il ruolo di essere attori protagonisti del futuro.
Il lavoro di documentazione nasce quindi con il preciso intento di riannodare avvenimenti e ricordi che caratterizzarono quegli anni. Nello stesso tempo il documento vuole offrire, attraverso le testimonianze dei protagonisti, una originale chiave di lettura della realtà sociale della comunità altosangrina. Forse è anche vero un altro intento, quello di provare a mostrare quelle poche, ma preziose virtù della “generazione del dopoguerra”, di cui il CEP, con il ventaglio delle sue iniziative, resta uno specchio pulito ed esemplare.
Contribuirono alla fondazione del CEP e alle sue attività gli Assistenti sociali dell’URRA-CASAS (Organismo delle Nazioni Unite per la ricostruzione dei Paesi danneggiati dalla guerra e per il soccorso ai senzatetto). La maggioranza di quegli educatori si erano a loro volta formati nell’ambito dei movimenti civici che, nel difficile clima del dopoguerra, operarono per la formazione degli italiani come cittadini liberi attraverso la promozione culturale e l’educazione degli adulti. Il principale impegno di quel gruppo di educatori fu certamente quello di ricostruire, insieme alle case e alle strade, il tessuto sociale degli abitanti. Nella loro azione educativa ebbero particolare cura di formare la coscienza civile dei giovani, che rappresentavano il futuro, perché attraverso l’esercizio di diritti e doveri, maturassero la consapevolezza di cittadini impegnati a perseguire il bene comune di una comunità.
Un gruppo di quegli operatori sociali si era formato nell’ambito delle iniziative socioculturali di Adriano Olivetti, l’illuminato industriale di Ivrea, che nel 1947 era stato nominato Commissario dell’UNRRA-Casas e, nella regione del Canavese, era riuscito a creare una “comunità di persone” che, “educate a pensare” , lavoravano e vivevano in armonia tra loro e l’ambiente che li circondava.
Non v’è dubbio che quell’idea di “comunità di persone” di Olivetti rappresentò un modello di riferimento per gli assistenti sociali ed altri professionisti che operarono a Castel di Sangro e nei centri limitrofi. Non fu un caso che uno stretto collaboratore di Olivetti, Paolo Volponi, che si era formato nell’ambito delle attività del Cepas – la scuola per assistenti sociali – realizzata nel 1945 da Angela Zucconi in collaborazione con altri intellettuali impegnati a costruire «uno stato che fosse la casa di tutti», nei primi anni Cinquanta giunse a Castel di Sangro per collaborare con il gruppo degli assistenti sociali dell’UNRRA-Casas. Questi operatori sociali erano convinti che la ricostruzione materiali di case, ponti, strade non potesse prescindere dagli abitanti, in modo particolare i giovani, che andavano aiutati a maturare una coscienza civica e la dignità di cittadini liberi e responsabili.
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