Unità di chirurgia ospedale Castel di Sangro, Dell’Erede replica a Caruso: “Niente di nuovo rispetto alla situazione esistente”
In risposta all’articolo uscito ieri sulle colonne di un quotidiano abruzzese, che riporta il “salvataggio” dell’unità di Chirurgia dell’Ospedale di Castel di Sangro, interviene Raffaella Dell’Erede, consigliere di opposizione del gruppo “Progetto Comune“.
“Si afferma per bocca del rappresentante delle Istituzioni locali – osserva Dell’Erede -, che le sedute in sala operatoria saranno specifiche e programmate. Cosa c’è di nuovo rispetto alla situazione esistente? Assolutamente nulla. E’ esattamente quanto riportato dal decreto 70/2015 (norme in materia di ospedali di zona disagiata) al paragrafo 9.2.2, il decreto con il quale il nostro ospedale è stato proposto e poi riconosciuto come ospedale di zona disagiata (registrazione di TeleAesse seduta consiliare del 16 dicembre 2015).
Non solo: c’è un elemento fortemente negativo. Ad operare saranno medici “provenienti da altre strutture”: quindi diciamo addio alla possibilità di avere almeno un altro chirurgo in pianta stabile (nonostante le passate assegnazioni) e, conseguentemente, diciamo addio all’emergenza-urgenza, dando il via libero definitivo e ratificato ai continui trasferimenti tramite ambulanza.
Nota: ci siamo battuti per il riconoscimento dell’ospedale di zona disagiata perché fosse il primo passo affinché, col tempo e col lavoro da parte della politica a questo deputata, si procedesse con la riqualificazione del nostro presidio, basata sulle norme, certamente, ma tenendo ben presenti le esigenze del territorio. Qui si è parlato esclusivamente di chirurgia: non si capisce il ruolo dell’ortopedia, qualificante per noi; del pronto soccorso che rischia l’h12… e il destino degli altri servizi.
Una cosa la volta, certo. Ma il discorso sull’ospedale deve necessariamente essere un discorso unitario, non frammentato e parcellizzato: il forte rischio, in questo caso, è quello di coprire un’esigenza temporaneamente, fino al prossimo blocco. Bisogna capire e pretendere che si faccia chiarezza sul destino del nostro presidio. Facendo la voce grossa, battendo i pugni. Se la politica non è visione, non è progettazione, non è programmazione, si risolve solo in distribuzione di incarichi o in soddisfacimento delle proprie ambizioni. Altro che difesa del territorio. Si difende solo se stessi. Chi può”.
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