Ciao Ivano Pitassi, il tuo ultimo dispetto
Inizialmente non volevo scrivere nulla. La scomparsa di una persona come te lascia un segno dentro, di quelli che fanno male, e trovare le parole giuste non è mai facile. Ma tu, caro Ivano Pitassi, te lo meriti tutto questo articolo, anche solo per farti un dispetto. Lo stesso dispetto che, in fondo, hai fatto a noi, lasciandoci così.
Già ti immagino, con quel tuo volto a metà tra il burbero e il canzonatorio, a guardarci da lassù mentre scuoti la testa, con quel sorriso beffardo che ti contraddistingueva: “Ahhh, e questo lo chiami articolo?”. Lo so, Ivano, lo so. Lo stai dicendo proprio ora. Ma lo sapevamo tutti che, in fondo, aspettavi di leggere l’articolo del “castellano”. Perché, dietro quel tuo modo schietto e diretto, nascondevi un cuore grande, un cuore di marito devoto, di padre premuroso e di nonno amorevole.
E sì, caro “ateletese”, ci hai fatto proprio il tuo ultimo scherzo. Quello peggiore, perché avremmo voluto averti ancora con noi, ancora per un po’. Giusto il tempo di vederti godere quella pensione tanto meritata, lontano dai cantieri della Ricci srl, magari a raccontare qualche aneddoto con quella tua posa da “asso di coppe”, mentre osservavi con maestria i lavori in Piazza Plebiscito o la posa del monumento realizzata da Cleto Munari alla rotonda del liceo.
Sei stato un vero maestro dell’arte edile, Ivano. Non uno qualunque, ma uno di quelli che lasciano il segno, proprio come lasciavano il segno le tue giocate al tavolo del tressette. Ah, quante briscole hai preso, e quante lezioni hai dato! Ma era lì, tra amici e risate, che ti concedevi quei pochi momenti di relax.
Ora però ci hai lasciati con un vuoto che nessuno potrà mai colmare. E tocca a “Mentana” – sì, proprio io – scrivere questo ricordo di te, perché i tuoi “compagni giornalisti” non hanno avuto la fortuna di conoscerti come ti ho conosciuto io. Non scriveranno niente, ma non importa, perché so che questo piccolo articolo ti farà sorridere, anche solo per criticarlo.
E allora ti immagino, Ivano, mentre varchi i bianchi cancelli di quel luogo immaginario che piace a tutti pensare sia lassù. Cammini con la tua andatura inconfondibile, sopra un tappeto di nuvole. E al tavolo verde, lì davanti a te, ti aspettano il mai dimenticato Pasqualone, il caro Ernesto e il buon Ubaldo. Si preparano a una partita eterna, e questa volta non ci sono briscole da prendere, ma solo tempo per rilassarsi.
Buon eterno riposo, caro Ivano. Siamo qui, con il cuore colmo di ricordi, a cercare conforto nel pensiero che il cielo ha guadagnato un altro maestro. Ah, Ivano, un’ultima cosa: dicono che San Pietro abbia votato per la Meloni.
Michele Di Franco
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