Migranti, chiuso il centro di accoglienza a Roccaraso
Eravamo abituati vederli sulla statale 17, scendere e risalire a piedi o in sella a delle scalcinate biciclette mettendo a repentaglio la loro incolumità e provocando l’ansia e le proteste degli automobilisti costretti ad evitarli all’ultimo istante, soprattutto col buio che, a causa della loro pelle scura, li rendeva poco visibili. Erano gli ospiti del centro di accoglienza “Il Poggio”, gestito dall’associazione Valtrigno O.N.L.U.S. con sede a San Salvo e allestito nei locali di un albergo sito nei pressi di Roccaraso.
Il CAS, questo è l’acronimo che sta ad indicare il tipo di comunità riservata ai richiedenti asilo, venne aperto qualche anno fa, all’epoca in cui le prefetture, sollecitate dal Ministero dell’Interno, dovettero reclutare quante più abitazioni possibili per accogliere i migranti, contattando cooperative, associazioni, imprenditori, disposti a prendersi cura degli stranieri scampati a una guerra o che, per motivi economici, vanno alla ricerca di un futuro migliore.
Purtroppo, anche a seguito di quelle situazioni in cui si sono verificati degli illeciti che hanno giustamente suscitato una reazione indignata nell’opinione pubblica, la nuova legislatura ha introdotto una normativa che di fatto ha tagliato i finanziamenti e cancellato le figure professionali impegnate nel sistema dell’accoglienza, si può quindi a ragione dire che insieme all’acqua sporca sia stato gettato via anche il bambino. In seguito a questa riforma, infatti, i migranti non trovano più chi li sostiene durante il loro percorso di integrazione ed è in grado, avendo ricevuto una formazione specifica, di permettergli l’acquisizione di quegli strumenti indispensabili, come la lingua italiana, per poter essere autonomi una volta usciti dalle strutture a carattere comunitario.
Messi di fronte a questa realtà molti gestori hanno preferito ritirarsi, in quanto anche se i fondi attualmente stanziati basterebbero per coprire le spese e consentirgli un margine di guadagno ritengono che la mission non debba limitarsi alla semplice fornitura di un alloggio e del vitto.
La scure che si è abbattuta sul sistema dell’accoglienza ha falciato molti CAS, compreso “Il Poggio”, e gli ospiti che si trovavano nella struttura, all’incirca una quarantina anche se all’inizio ce n’erano più del doppio, a seguito di un’ordinanza, sono stati trasferiti in altri centri della zona.
Da una recente indagine risulta che nei CAS attivi sul territorio dell’Alto Sangro siano rimaste meno di duecento persone che hanno fatto domanda d’asilo.
Piergiorgio Rocci
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