“Nessuna intossicazione alimentare a causa dei prodotti venduti sulla Transiberiana d’Italia”. A smentirlo sono gli stessi viaggiatori
Promuovere il territorio abruzzese-molisano sul treno storico, spesso con eventi mirati, nei paesi attraversati dalla linea ferroviaria Sulmona – Carpinone, la “Transiberiana d’Italia“. E’ questa la missione che da diversi anni l’associazione “Le Rotaie“, grazie all’ausilio di tanti volontari, porta avanti con successo. Si deve a loro, in primis, se questa antica e storica tratta è ancora in vita; per aver sempre creduto in un progetto, che in definitiva ha portato fortuna a tante comunità locali. E fatto conoscere tradizioni e tipicità.
Domenica scorsa, in occasione del viaggio da Sulmona a Carovilli, in Alto Molise, uno spiacevole episodio, che nulla ha avuto a che vedere con l’organizzazione – peraltro sempre impeccabile – si è trasformata in una notizia che in breve tempo è rimbalzata sul web e poi sulla carta stampata, riguardante un gruppo di viaggiatori per i quali è stato necessario il ricovero all’ospedale di Castel di Sangro “per l’ingerimento di formaggi acquistati in una tappa del viaggio“. Era stato pubblicato.
Informazione che, ovviamente, era giunta anche alla nostra redazione. Ma come impone la deontologia, non potevamo riferire ai lettori una presunta “intossicazione alimentare“, tutta da accertare. Ci sembrava assai improbabile che soltanto un piccolo gruppo, proveniente dalla stessa città – Acri – avesse accusato gli stessi sintomi.
Fatto sta che il direttivo delle “Rotaie” chiede rettifiche e anuncia querele. Nei vari articoli “Si parla di “condizioni critiche in cui versa l’ospedale”: ci permettiamo di dire che per fortuna che questo ospedale esiste, proprio a due passi dalla stazione, perchè altrimenti non sarebbe stato possibile un intervento così tempestivo“. Precisano gli organizzatori.
Dunque un allarmismo ingiustificato, che avrebbe potuto generare ombre sulla corretta preparazione e conservazione dei formaggi da parte dei loro produttori. Gli sfortunati passeggeri invece – come avevamo pensato – hanno ingerito alimenti preparati in casa. Per loro stessa ammissione.
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