Nunzio Marcelli risponde a D’Alfonso: “5 pecore per turista posson bastare?”
Cinque pecore per turista, posson bastare? – In risposta al Presidente D’Alfonso: se la nostra Regione non è competitiva sul turismo, è perchè non si è voluto investire sulle nostre attrattive
“Il gregge in transumanza: 200 pecore, 40 turisti da tutto il mondo ad accompagnarle. Altro che poca competitività: ogni cinque pecore qua arriva un turista, e facendo il verso alla nota canzone di Battisti, chiediamo: cinque pecore per turista posson bastare?“. Così Nunzio Marcelli, presidente dell’Associazione Regionale Ovicaprini, rilancia al Presidente Luciano D’Alfonso, che nei giorni scorsi aveva sottolineato la scarsa competitività turistica dell’Abruzzo.
“Ricordate quando in tv andava in onda “L’intervallo” con immagini dalle varie regioni?” continua Marcelli; “per l’Abruzzo c’era un gregge di pecore. Ci fu una vera e propria sollevazione politica per far togliere quell’immagine che, si diceva, degradava la nostra Regione”. Invece da tutto il mondo vengono qui proprio per loro, le pecore. Per seguirle, conoscere le antiche pratiche della transumanza, fare la mungitura a mano all’alba, mangiare il formaggio fatto con le proprie mani.
Antiche tradizioni che richiamano turisti da tutto il mondo. Domani parte un altro gruppo di 200 pecore, per scendere dall’Alto Sangro fino alla Valle del Sagittario: niente in confronto ai numeri che faceva l’Abruzzo solo fino a cinquant’anni fa, quando le pecore venivano “abolite” dalla Tv.
Ma per quelle 200 pecore, arrivano fin qui in 40: alla Porta dei Parchi di Anversa degli Abruzzi, per fare la transumanza, seguire il gregge, camminare nelle aree ancora incontaminate della nostra Regione. Aree che proprio la pastorizia, nei millenni, ha conservato intatte, con il loro fascino e la loro biodiversità.
Se come dice D’Alfonso l’immagine e l’offerta dell’Abruzzo per il turismo non brilla, smettiamo di guardare a quel che hanno fatto altri: le potenzialità dell’Abruzzo sono nella sua storia, nelle sue tradizioni. Sulle quali però finora non si è mai voluto investire. Smettiamo di puntare sempre sulle stesse cose, su forme di turismo già decotte, su settori che hanno goduto di investimenti miliardari, e che ora sono al fallimento.
C’è un mondo rurale che produce a basso costo, che ha dimostrato di essere anticiclico, che sa offrire ai turisti quell’accoglienza e quelle esperienze che una consistente parte del mercato turistico cerca a livello internazionale.
Insomma, le pecore ce la mettono tutta: ma mancano i servizi, gli investimenti, la scelta da parte di chi amministra di investire in questo settore. Per esempio rilanciando la rete tratturale, una strada verde del turismo, con i suoi monumenti, i suoi punti di sosta, le potenzialità turistiche ed enogastronomiche collegate.
“Solo cinquant’anni fa, su questi pascoli, sui nostri tratturi, c’erano milioni di pecore. Se ogni cinque pecore riusciamo a far venire un turista, in termini di competitività non abbiamo rivali. Cosa stiamo aspettando?“, conclude Marcelli.
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