Basilio Antonelli: un eroe dimenticato
Giorno della Memoria, 27 gennaio, e ad Agnone mentre si ricordano i sinti e rom internati nel “campo” ubicato nell’attuale casa di riposo di San Bernardino nessuno invece commemora un vero eroe, Basilio Antonelli, al quale nessuna amministrazione ha intitolato una strada un largo per perpetuarne la memoria.
Una prigionia e tanta sofferenza per il giovane agnonese. “Basilio – narrano i documenti storici – chiamato alle armi a soli 19 anni – dopo un breve periodo di addestramento a Santa Maria Capua Vetere (CE), fu arruolato nel contingente del Regio Esercito Italiano destinato a presidiare i possedimenti italiani nella Grecia continentale ove arrivò nell’estate del 1943. All’indomani dell’8 settembre, giorno della resa incondizionata alle Forze Alleate, ebbero inizio le ritorsioni dei tedeschi contro i traditori italiani.
E Il giorno 9 settembre del 1943, nei pressi di Atene, Basilio veniva catturato, fatto prigioniero dalle forze armate tedesche e deportato nel campo di concentramento di Thorn XX-B e trasferito dopo circa un mese in quello di Lamsdorf. Successivamente, fino al gennaio del 1945 proseguì il suo lungo periodo di prigionia in Polonia, a Woikowice , ove fu obbligato al lavoro coatto per aver rifiutato di aderire alla Repubblica Sociale Fascista. Liberato dalle forze armate russe il 27 gennaio 1945, fu trattenuto a Katowice alle dipendenze dell’armata russa in qualità di cobelligerante, fino ad ottobre del 1945.
Dato per disperso, ritornò di lì a poco ad Agnone con mezzi di fortuna, denutrito e coperto di soli stracci, riabbracciando i propri cari che avevano perso ogni speranza di rivederlo“. E qualche anno fa la Presidenza del Consiglio dei Ministri conferì a Basilio Antonelli una medaglia d’onore quale “militare agnonese deportato e internato nei lager nazisti e destinato a lavoro coatto per l’economia di guerra durante il secondo conflitto mondiale”.
Ad Agnone vivono ancora la moglie ed i suoi tre figli con le rispettive famiglie che ricordano come il loro congiunto una volta tornato a casa fu sempre restio a parlare di quella drammatica e graffiante esperienza di guerra e la disumana esperienza di vita nei campi di concentramento nazisti.
Vittorio Labanca
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