Premio Strega 2021, Donatella Di Pietrantonio candidata con Borgo Sud
Donatella Di Pietrantonio vive a Penne, in Abruzzo, dove esercita la professione di dentista pediatrico. Ha esordito nel 2011 con il romanzo Mia madre è un fiume (Premio Tropea). Dal 2017 ha vinto numerosi premi con L’Arminuta (Premio Campiello, Premio Napoli, Premio Alassio), tradotto in più di 25 paesi.
Per Einaudi ha pubblicato Bella mia posizionandosi nella dozzina del Premio Strega 2014, successivamente, sempre nello stesso anno, ha vinto il Premio Brancati. Oggi è candidata al Premio Strega 2021 – segnalata da Nadia Fusini – con Borgo Sud, edito da Einaudi e sequel de “L’Arminuta”.
La protagonista del romanzo inizia il racconto a Grenoble, lontana dalla sua terra e dalla sua famiglia. Capitolo dopo capitolo il lettore riesce a ricostruire con facilità e trasporto il passato di due sorelle diverse tra loro, che affrontano un presente duro unendosi nella stessa fragilità.
Scelgono come terapia alla loro insicurezza l’amore, ma è solo un palliativo condannato a trasformarsi in veleno. Le due sorelle si cercano e si respingono, in un vortice di attrazione e repulsione. “Borgo sud” è – insieme a “L’Arminuta” – espressione dolce e rappresentanza onorevole della letteratura abruzzese.
Le sue pagine sono petali di genziana che sprigionano tutti i profumi dell’Aprutium, dall’odore di salsedine del Mar Adriatico a quello fresco e opaco che si respira nelle Gole del Sagittario.
Ogni frase è solcata dai luoghi più suggestivi della regione del mare e dei monti: dalle strade della città di Pescara (Via Regina Margherita, il Ponte del Mare, la zona Stadio , Zanni, ecc.), Montesilvano, Francavilla, Ortona, Vasto e Punta Penna, Silvi Marina, la Torre di Cerrano, Chieti e il suo centro universitario, Tollo, Picciano e Collarmele fino allo spettacolo offerto dalla natura degli Appennini come il Gran Sasso, la Maiella, il monte Camicia e Scanno con il suo favoloso lago a forma di cuore.
La scrittura di Donatella di Pietrantonio è etnografica, si interroga sul linguaggio che impiega e veicola lo sguardo del lettore con impegno. Aderisce alla realtà innestando, su tutta la struttura narrativa, i simboli e le tradizioni della cultura abruzzese: dai piatti gastronomici (spaghetti alla chitarra, i bocconotti, gli arrosticini sulla fornacella, le crispelle in brodo), i canti iconici come “Vola vola vola”, le feste religiose (Madonna dei Sette Dolori, i fuochi di Sant’Andrea), la fauna (il fratino e la monachella), ai gioielli scannesi (presentose, amorini, circeglie), i narratori (Ignazio Silone e Ennio Flaiano) e la storia della transumanza (il Tratturo Magno).
A livello morfologico e sintattico, in alcuni dialoghi sono presenti elementi tipici del parlato e del dialetto abruzzese: ci attualizzante, dislocazioni a destra, frasi scisse, tema sospeso, uso di gli per le, uso di lui lei loro come soggetto, uso di parole semanticamente generiche.
Non mancano nella stesura del racconto le descrizioni precise e reali, anatomiche e fisiologiche, dei corpi di ogni personaggio in quanto la scrittrice svolge nella quotidianità il lavoro di medico dentista. In particolare si sofferma sulle bocche e su tutto ciò che concerne il campo semantico dei denti e le sue catene iponimiche (labbra, gengive, incisivi, molari, mascella, cavo orale, lingua, malocclusione, masticazione, deglutizione).
Un racconto forte e struggente, carico di emozioni e di pagine profonde con un’alta portata letteraria e descrittiva.
Mariangela Amadio
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