Calcio, la rivoluzione non può più aspettare
Paga soltanto Ventura, Tavecchio resta al suo posto: ma adesso il popolo pretende credibilità e nuove regole. Il nostro appello a Gabriele Gravina.
La montagna ha partorito il topolino. 48 ore dopo una delle più gravi disfatte sportive dello sport italiano, l’Italia del pallone presenta il conto soltanto all’anello debole del carrozzone, quel Gian Piero Ventura esonerato a furor di popolo dopo la sconfitta nel play-off contro la Svezia che ci nega il mondiale dopo 60 anni. Il commissario tecnico non si è dimesso, preferendo la vil pecunia alla dignità di chi è ben consapevole di aver fallito clamorosamente il suo obiettivo, ma che non per questo ha fatto un doveroso passo indietro.
Ma in Italia non si dimette nessuno, ecco perché non ha fatto un passo indietro neanche Carlo Tavecchio, non solo da presidente della Figc ma anche da “sponsor” dello stesso Ventura, al quale, il 9 agosto, aveva rinnovato il contratto fino al 2020, salvo definire di lì a poco “un’apocalisse” l’eventuale mancata qualificazione a Russia 2018. Sulle responsabilità del ct si è detto tutto: le scelte e le scene prima, durante e dopo il doppio confronto contro gli svedesi parlano chiaro. Sul governo del calcio urge una riflessione.
Gli italiani si aspettavano le dimissioni di Tavecchio pochi minuti dopo il vergognoso 0-0 di lunedì. Così come fecero, nel 2014, Giancarlo Abete e Cesare Prandelli, presidente e selezionatore di un’Italia che andò a casa dopo i gironi di Brasile 2014. Ma almeno quell’Italia al Mondiale ci andò (in vacanza, ma ci andò), mentre i nostri guarderanno la prossima competizione internazionale dai rispettivi divani. Tavecchio ha invece convocato la governance pallonara e preso tempo per presentar un programma di riforme.
Sul punto non si transige: il calcio italiano va rifondato. E’ la frase utilizzata dal Ministro dello Sport Lotti, concetto ribadito dal capo dello sport italiano, il presidente del Coni Malagò (“fossi in Tavecchio mi dimetterei”, il suo inequivocabile assist non raccolto dal capo del calcio). Perché se la Svezia ci butta fuori, se le due principali Leghe sono commissariate, se il sistema delle iscrizioni (ratificato dalla Figc, non dalle Leghe…) produce una squadra di C, il Modena, cancellata già a novembre, bisogna intervenire prima di subito.
L’Inghilterra e la Germania, due superpotenze del calcio, sono rinate dopo aver toccato il fondo, legiferando con Stato e Federazione. Hanno portato avanti una serie di riforme serie in grado di farle tornare al top nel giro di pochi anni. Ci lascia perplessi che, a portare avanti questo programma, possa essere quel presidente ricordato come colui il quale ha scelto Ventura e sedeva sulla poltrona la sera di Italia-Svezia, testardo a non fare un passo indietro neanche a fronte di incalcolabili danni economici e d’immagine.
In tanti sognano, oggi, una federazione retta da una squadra composta da uomini di calcio, manager e conoscitori di questo mondo. Personaggi autorevoli, carismatici, credibili, in grado di far riavvicinare all’azzurro un popolo indignato per ciò che ha visto nell’ultima, lunghissima settimana. Perché non basterà certamente giocarsi la carta del commissario tecnico ad effetto (come fu Antonio Conte dopo la disastrosa spedizione carioca) per calmierare una nazione mai così lontana dal sentimento nazional-pallonaro.
Naturalmente, in questa nostra “squadra ideale” non può che trovare spazio anche Gabriele Gravina (foto), che racchiude tutte e tre le qualità già richieste in un ideale identikit per rifondare il calcio. Siamo sicuri che, da uomo di calcio esperto, responsabile e valoroso, vigilerà non poco su tutto quanto accadrà nelle prossime settimane, perché dalle decisioni che verranno prese in questi giorni ci giochiamo 10 anni di futuro, dopo 10 anni neri che abbiamo vissuto proprio dopo aver alzato la Coppa al cielo a Berlino. Sembra un secolo fa.
Di idee per cambiare il calcio ce ne sono, ma è il momento di passare dalle parole ai fatti. Non si può più impedire il bene comune per i privilegi di pochi. Noi lanciamo una proposta dalla quale ripartire: creare un casellario giudiziale sportivo pubblico, accessibile a tutti, punendo con forti ammende più la retrocessione le società che si avvalgono di dirigenti inseriti nello stesso per reati connessi alle scommesse e all’illecito sportivo. Un punto di partenza che sembra scontato, ma che per l’Italia eliminata dalla Svezia non lo è stato.
Marco Santopaolo
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