Il Corner di Marco Santopaolo: E’ sufficiente punire solo “Genny la carogna”?
Quindici anni fa – il 16 maggio 1999 – lo stadio “Teofilo Patini” di Castel di Sangro fu teatro di un pomeriggio di inaudita violenza. Si giocava Castel di Sangro-Nocerina, gara valevole per l’ultima giornata del campionato di serie C1. Entrambe le squadre erano ancora in corsa per qualificarsi ai play off, gli spareggi per quella serie B da dove il Castello era appena retrocesso.
Sul finire del primo tempo, con i sangrini in vantaggio per 1-0, la seconda espulsione ai danni della Nocerina scatenò la furia di circa 1.500 tifosi campani, i quali dopo aver devastato il loro settore si resero protagonisti di una guerriglia con le forze dell’ordine che costrinse l’arbitro a sospendere la partita. La giustizia sportiva ha poi punito la Nocerina con la sconfitta a tavolino e con una lunga squalifica del campo di gioco.
La società abruzzese, scossa per l’accaduto, annunciò che si sarebbe disimpegnata al reiterarsi di episodi simili, anche se nella circostanza la tifoseria locale dimostrò tutta la propria maturità evitando di partecipare all’indegno spettacolo violento.
Oggi il sempre vivo dibattito su calcio, tifo e violenza è nuovamente esploso dopo i fatti della finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli. Sono arrivati commenti (hanno parlato proprio tutti) e condanne (daspo ad alcuni tifosi e squalifiche di campo), ma nessuno ha messo in discussione i responsabili dell’ordine pubblico
Perché è facile colpire “ Genny la carogna ” precludendogli di andare allo stadio, meno discutere chi avrebbe dovuto garantire la sicurezza assolvendo al meglio al proprio compito, considerato che quasi passa in secondo piano il fatto che alcune persone abbiano sparato ad altezza d’uomo ad altre, e che un ragazzo è ancora sospeso tra la vita e la morte vittima di una pallottola. Fiumi d’inchiostro sono stati scritti sulla “trattativa” tra ultras e rappresentanti dello Stato per dare inizio alla partita. Scena non “bella”, ma “necessaria” per evitare che l’Olimpico si trasformasse in un’arena, dentro e fuori.
Come mai, allora, nessuno si è meravigliato quando lo Stato, per anni, ha trattato per anni con la mafia?
La verità è che, fra qualche giorno, ci dimenticheremo dei problemi e andremo avanti fino al prossimo episodio di violenza che riporrà il problema all’attenzione dell’opinione pubblica. Passeranno altri mesi senza che nessuno si darà da fare per richiamare chi di dovere ad esaminare il problema e a trovare finalmente una soluzione. I giornali nazionali invocano lo scioglimento dei gruppi ultras ed il divieto di esporre striscioni, dimenticando che così facendo verrebbero violate norme fondamentali della costituzione.
Basterebbe, molto più semplicemente, garantire la certezza della pena che in Italia non esiste, e non solo per i reati da stadio. Ah già, gli stadi: Italia ’90 ha prodotto soltanto mostri di cemento e sperpero di denaro pubblico. Stiamo ancora aspettando che i signori in giacca e cravatta si decidano ad approvare una legge su questi benedetti stadi. Fino a quando questo non avverrà, prepariamoci ad assistere ad altre scene come quelle dell’Olimpico, e a pregare (con tanta, tanta fede) che non ci scappi il morto.
Marco Santopaolo
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