Il Corner di Santopaolo -E se investissimo sull’etica sportiva?
Udinese-Roma, partita del campionato di serie A, è finita da due giorni, eppure ancora si parla del “gol fantasma” del romanista Astori. Pensate: ancora non è chiaro se quel pallone abbia o meno varcato completamente la linea di porta. E, ciononostante, si fa polemica ai danni di un arbitro che ha avuto la sola “colpa” di decidere, ignorando il suggerimento dell’addizionale (ovvero, l’arbitro “di porta”) che non avrebbe invece convalidato la rete.
Quanto accaduto al “Friuli”, se da una parte sottolinea l’assoluta inutilità degli arbitri addizionali, dall’altra fa tornare a discutere sull’utilità della tecnologia in campo. Tutti la vogliono, nessuno la adotta. Perché? Semplice: il sistema che consente (con un margine minimo di errore) di stabilire se sia gol o non sia gol, costa diversi milioni di euro. In Premier League, la serie A inglese, già c’è. Il nostro campionato non è altrettanto ricco, non dobbiamo dimenticarlo.
E’ cosa buona e giusta fare uno sforzo? C’è chi dice sì: i grandi club (quelli che non hanno problemi a tirare fuori 3-4 milioni di euro), la Figc e la Fifa (la Federazione Mondiale di calcio). E c’è chi dice no: i piccoli club (quelli che con quegli stessi soldi ci fanno ben altro) e l’Uefa (la Federazione Europea di calcio). La tesi dei “poveri”: questi episodi sono rari, meglio usare quei soldi per altro. La tesi dei “ricchi”: anche un solo episodio decide un campionato.
La verità è che mai nessuna tecnologia servirà ad eliminare quella cultura del sospetto che alimenta, quotidianamente, le pagine dei quotidiani sportivi nazionali, le frequenze delle radio, le immagini delle televisioni, la grafica dei siti che parlano ventiquattro ore al giorno di calcio. E allora: no alla tecnologia, no agli arbitri addizionali; sì ad un corso obbligatorio di etica dello sport finanziato per tutti dai soldi risparmiati eliminando questi “sprechi” …
Marco Santopaolo
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