Riforme del calcio sugli stranieri: basteranno per rilanciarci?
La Federazione Italiana Giuoco Calcio ha approvato, attraverso un Consiglio Federale, una riforma sul tesseramento dei calciatori extracomunitari, imponendo peraltro un tetto massimo alle rose delle squadre di serie A. Due punti importanti, che fanno discutere anche per le ripercussioni che hanno sul calcio in generale, e che potrebbero avere sul calcio “minore”. Vediamoli in sintesi, cominciando dalle nuove regole per il tesseramento degli stranieri.
“Il giovane extracomunitario al primo tesseramento – si legge su un comunicato stampa Figc – deve essere residente in Italia ed essere entrato nel nostro Paese con i genitori non per ragioni sportive e comunque aver frequentato la scuola per almeno 4 anni (tali calciatori non possono essere utilizzati per la sostituzione di un nuovo calciatore extracomunitario); la sostituzione del calciatore extracomunitario sarà possibile solo nel caso di esistenza del contratto da professionista da almeno 3 anni (dal 2012)”.
Partendo dalle ultime righe, va detto che la ratio di questa norma è quella di cancellare la possibilità, per le società professionistiche, di “liberare” una casella per tesserare un calciatore extracomunitario (se ne possono contrattualizzare al massimo due) attraverso un semplice escamotage: il club tessera un extracomunitario prelevandolo dai dilettanti e, contestualmente, lo cede all’estero. Da oggi non sarà più possibile. Quanto all’altro provvedimento sui cosiddetti “giovane di serie”, emerge qualche perplessità.
E’ una norma che vuole tutelare i vivai italiani, ma che rischia di penalizzare chi, magari, ha grandi qualità tecniche ma ha la sola “colpa” di essere uno straniero. Anche nei dilettanti ci sono troppe lungaggini burocratiche per consentire agli stranieri di giocare a calcio, soprattutto se si tratta di minori: in alcuni casi, la pratica va consegnata prima alla Figc in doppia lingua (italiano e, a scelta, francese, inglese, spagnolo o tedesco) per poi essere valutata dalla Fifa, la federazione del calcio mondiale che si esprimerà in merito.
Meglio sarebbe stato, o comunque sarebbe, rilanciare i nostri vivai premiando con incentivi le società virtuose, ovvero quelle che hanno come base del proprio progetto tecnico un settore giovanile di qualità. Indennizzi economici e sportivi consentirebbero agli stessi club di programmare il proprio futuro guardando a parametri che vadano oltre il risultato di un campionato. Non si può non tener conto del fatto che la cultura italiana, quella che in pochi anni ci ha portato alla deriva sportiva internazionale anche a causa della crisi sociale, si basa su codici non certo rivisitabili da un Consiglio Federale.
Marco Santopaolo
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