Pietransieri, “La luna rossa rossa” di Rosaria Alterio
Capita a volte che non vuoi o non puoi raccontare subito un avvenimento che ti riguarda perché devi crogiolartelo un po’ dentro: cullarlo, accarezzarlo, magari analizzarlo… E poi raccontarlo. Quest’ultima cosa non è proprio indispensabile, ma è bello coinvolgere anche gli altri nelle proprie emozioni ed esserne a nostra volta coinvolti. Non siamo dopotutto mondi chiusi. Le monadi di Leibniz, pur nel loro armonioso concatenamento, non avendo però finestre, come lui stesso dice, per le quali qualcosa vi possa entrare o uscire, mi hanno sempre spaventato un po’ per la loro solitudine. Poi c’è il tempo che è il puntello delle vicende umane e dirige, se vogliamo dirla più leziosamente, l’orchestra della vita e dal quale non si può prescindere. Su di esso si hanno interpretazioni contrastanti: molti sostengono che il passato ormai è “passato”, quindi svanito.
Voci autorevoli sostengono invece che è quello che conta veramente, anzi è l’unica certezza che abbiamo. Sono anche in molti ad asserire che il futuro è un’astrazione, non ci si può perciò contare, a cominciare da quel famoso: “… Di diman non c’è certezza”. Noialtri, senza la pretesa di enunciare dogmi, siamo convinti che ogni uomo, ogni paese ha la sua storia fatta da un passato da conoscere, amare e tenere in gran conto anche come maestro di vita, e un presente sul quale, se ci piace, brindarci anche sopra, ma viverlo al massimo delle proprie capacità per proittare traguardi su un futuro migliore. Poco importa se qualcosa resterà solo un sogno.
Potevo anche risparmiarmi queste ultime considerazioni, ma nella fattispecie dell’argomento hanno un’importanza fondamentale perché quell’eclissi del 27 luglio dell’anno scorso (e si è fortunati se si può esserne spettatori una sola volta in una lunga vita) coinvolge qualcosa come un secolo.
E veniamo finalmente al punto.
In coincidenza di quella notte della “Superluna” mi trovavo a Pietransieri, frazione di Roccaraso, e qui mi giunse la telefonata della mia amica del cuore che, da Venafro (città natale e di residenza di entrambe), mi proponeva di andare insieme a Pescocostanzo dove tale evento si festeggiava.
“Perché si deve commercializzare sempre tutto?” – dissi più che altro a me stessa. Lei sa della mia pigrizia a muovermi dal posto dove mi trovo e anche dell’indolenza nel prendere decisioni immediate, anche quelle di piccola entità. Ho solo bisogno di un attimo di tempo, e non si risparmia di rimproverarmelo ogni volta. “Non girare intorno all’argomento” – mi redarguì subito e con l’immediatezza che invece contraddistingue lei, aggiunse anche un po’ irritata: “Vieni, si o no?” Esigeva una risposta secca: Mio malgrado mi ritrovai un po’ irritata anch’io, (sorpresa di me stessa, restia tra l’altro, anche alle futili irritazioni) a informarla che no, non ci sarei andata perché Pescocostanzo non aveva l’esclusiva di quell’eclissi che, guarda caso, potevo contemplare anche da Pietransieri. Il verdetto fu immediato: “Sei limitata!” – mi classificò (rimane la mia amica del cuore, ha la licenza di dirmi o non dirmi ciò che vuole, proprio come 007 ha quella di uccidere).
La sera del ventisette luglio mi ritrovai con mia cugina Solidea, per la solita, fresca passeggiata piacevolmente d’obbligo, ed emozionate ci appoggiammo a una ringhiera perché la Luna aveva iniziato il suo grandioso cosmico “show” (per dirla con Internet) immergendosi nell’ombra della Terra. Non ascoltavo, né rispondevo a quello che mi andava dicendo la mia ignara cuginetta perché avrei voluto essere da sola a seguire quella “Luna rossa rossa” per sentire la “vicinanza” di una persona scomparsa da vari decenni.
La fortuna quella volta mi aiutò perché nel frattempo (e meno male che la luna non aveva fretta) mi giunse anche la telefonata di un giovane amico che, senza dipendere da Internet, sa di costellazioni, comete, pianeti, come suoi vicini di casa. Li ama con la purezza di un cuore di bambino e le competenze di uno scienziato. Mi chiese come era lì la serata, lo rassicurai che era limpida e la visione perciò perfetta. Dal canto suo stava attaccato al telescopio della sua casa proprio su una montagna dove attualmente vive per stare “più vicino alle sue stelle”. Mi diede qualche informazione tecnica. “Chiedigli quanto tempo durerà l’eclissi” – mi suggerì mia cugina. Tre quarti d’ora le dovettero sembrare troppo lunghi perché decise di ritornare a casa invitando pure me, non capii bene se per la cena o per continuare a seguire l’eclissi. Sicuramente per tutte e due le cose. Rifiutai anche questo secondo invito, attenta a non far trapelare un certo sollievo, mentre la stavo già pilotando con nonchalance verso la chiesa.
Proseguii da sola. Mi giungevano le grida di giovani impegnati in una partita di pallavolo che si stava giocando in piazza, al lato opposto del piccolo borgo. Mi fermai ai piedi dell’imponente scala della chiesa, poi sedetti su un gradino più in alto e qui iniziò la magia… Ricordai mia madre (quella persona scomparsa da vari decenni) che mi raccontava quando, da bambina, proprio dai gradini di quella stessa scala (lei era nativa del posto) aveva visto una volta una “Luna rossa rossa” che sembrava giocasse a nascondino nel cielo. Era assieme ad altri bambini, ma c’erano anche tanti adulti. Tutto il paese, ci teneva a precisare, si era radunato su quella scala per assistere a qualcosa di misterioso, mai visto prima, forse unico, irripetibile… che stava avvenendo in cielo.
Doveva trattarsi invece di quello attuale che ora si stava ripetendo con straordinaria puntualità. Gli unici elementi su cui basavo la mia personale indagine era il tempo appunto: mia madre, nata nel 1905, all’epoca aveva una decina d’anni e il colore rosso acceso della luna. Era eccitata anche quando, da mamma me ne parlava e io sognavo, a mia volta da bambina, di quella “luna rossa rossa” che si rotolava piano nel cielo buio. Una volta più grandicella, documentandomi un po’, avrei potuto fornirle qualche elementare spiegazione “più razionale”, ma non lo feci, forse, incosciamente preferii rimanere in quel bozzolo di fantasia e di amore per la sua difficile infanzia (tra l’altro la scuola allora era un optional, un lusso! E a lei questo lusso non fu concesso, ma non fu questo però il risvolto più drammatico della sua tenera età!).
“Perchè – le chiesi una volta – la luna era così rossa?” E lei – mi spiegò – che forse era “arrabbiata” perché, pur sbirciando di qua e di là, non riusciva a scoprire i suoi compagni di gioco. D’altra parte, anche nell’attuale rigore scientifico, l’immaginario ha ancora un suo ruolo. Si parlò, il luglio scorso di Marte e della Luna come della coppia più bella del cielo… Fecero pensare a un corteggiamento di Marte luminosissimo quasi ancorato al nostro satellite… A uno show mozzafiato… Se fosse stata accanto a me quella sera avrei potuto dirle perché la Luna rimase tanto tempo nella “sua tana”, volevo dire dietro l’ombra della terra.
C’entrava Keplero – le avrei raccontato – che molto tempo fa ci aveva informato che la Luna, quando è lontanissima da noi, si muove un po’ più lentamente lungo la sua traiettoria e perciò anche dietro la Terra faceva la lumaca. Forse stava schiacciando addirittura un pisolino. Le avrei detto anche dell’altro importante protagonista, Marte, che non se ne stava proprio buono buono al suo posto! Quella sera, ad esempio, non si accontentò di stare proprio accanto alla Luna, ma per ubbidire a ferree ed oscure orbite, (o per l’irrequietezza propria degli astri?) si trovava molto più vicino anche al Sole. E questo proprio la notte dell’eclissi lunare, generando quel po’ po’ di trambusto così in alto. Il sole quella sera “si limitò” a tramontare, ma la nostra atmosfera (c’entrava anche quella!) si fece sfuggire i raggi “più irrquieti” (quelli più esterni, rettifica Internet con pignoleria) con frequenze verso il rosso. Forse la mamma, per accontentarmi, avrebbe assentito con un sorriso.
Se poi, per “chiarire ulteriormente”, le avessi letto pari pari, come recita Internet sempre a proposito del colore rosso: Sarebbe legittimo aspettarsi che la luna scompaia dentro l’ombra della terra. In realtà se ci immaginiamo di essere degli spettatori sulla superficie lunare, dopo che il sole è tramontato dietro alla terra vedremmo i raggi che passano attraverso l’atmosfera, nella loro componente rossa, raggiungere la luna e conferirle questo colore”, le avrei procurato sicuramente un terribile mal di testa (scommetto che qualche leggera emicrania dovette sfiorare anche Keplero ed altri scienziati). Rincuorata per averle risparmiato il “chiarimento”, ma anche la mia farraginosa intrusione nel mondo scientifico, pensai invece: “Chissà se era seduta, un secolo fa, proprio su questo gradino?“
Non osavo quasi respirare sola, su quella monumentale scala, quella sera deserta, per ascoltare il mio vecchio cuore battere all’unisono con quello suo, di bambina di un secolo fa.
E nella dolcezza di quel ricordo, in quella serata limpida, senza nubi e foschie, con gli occhi puntati al cielo, fui felice. Felice perfino di essere una persona limitata.
Rosaria Alterio
Leave a Reply
Devi essere connesso per pubblicare un commento.