Tre ricercatrici dell’I.R.C.C.S. Neuromed scrivono una lettera sui vaccini al Ministro della Salute
La lettera è firmata dalle Top Italian Women Scientists, un gruppo costituito dalle 100 scienziate italiane più citate a livello internazionale in campo biomedico. Nell’appello si evidenziano i successi ottenuti dai vaccini nel corso della storia umana, ad esempio con la totale scomparsa di temibili malattie come il vaiolo e la prospettiva della sconfitta completa della poliomielite. E viene anche sottolineato come la prevenzione attraverso i vaccini non sia legata alle sole infezioni acute, ma coinvolge l’intera vita delle persone, come nel caso della varicella, la cui vaccinazione nell’infanzia impedisce lo svilupparsi, tipicamente negli anziani, del cosiddetto Fuoco di Sant’Antonio. O della rosolia, con i gravissimi danni al feto che si possono verificare se il virus viene contratto in gravidanza. Un punto fondamentale della lettera, infine, riguarda il concetto dei vaccini come arma di prevenzione, non di intervento durante situazioni di emergenza.
“C’è un’immagine – dice Maria Benedetta Donati, che è autrice di oltre 450 pubblicazioni scientifiche, citate più di 44.000 volte– che purtroppo pochi ricordano: il polmone artificiale, usato per la prima volta nel 1928″.
“Alcune persone colpite da poliomielite (un virus che causa paralisi, in alcuni casi anche dei muscoli respiratori) – continua Licia Iacoviello, autrice di oltre 360 pubblicazioni, citate più di 17.000 volte, che è anche Professore di Igiene e Salute Pubblica presso l’Università dell’Insubria a Varese – venivano inserite in questo enorme macchinario che “respirava” al posto loro. Era l’unico modo per salvare la loro vita. Molti hanno trascorso l’intera esistenza dentro quelle macchine”.
“Nel 1953 – conclude Chiara Cerletti, autrice di oltre 220 pubblicazioni, citate oltre 12.000 volte – viene annunciato il vaccino Salk, e nel 1962 arriva il vaccino Sabin. Nel corso di pochi anni i polmoni d’acciaio andarono ad arrugginire nei depositi. Quei camion che escono dagli ospedali, carichi di macchinari diventati inutili, dovrebbero sempre farci riflettere”.
Il punto fondamentale è il dialogo, e l’utilizzo delle notevoli competenze che l’Italia ha da offrire in questo campo. “Nel campo delle malattie infettive e dell’immunologia – conclude Donati – il nostro Paese ha sempre espresso professionalità di alto livello. Ritengo che siano queste professionalità gli interlocutori preferenziali della politica in una questione come questa, che può avere ricadute enormi sulla salute degli Italiani”.
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