La Regione Molise non ha ragione di esistere – di Enzo Delli Quadri
Il manager agnonese in quiescenza mette sul tappetto vantaggi e svantaggi
Eminenti esponenti politici che oggi sono al Governo del Molise, nel 2010, quando erano all’opposizione, dichiararono: il Molise è giunto al capolinea. Una stagione si è chiusa e nessuno ha il coraggio di immaginare il futuro in un contesto di regressione culturale prima che economica e sociale.Il livello del confronto politico è modesto e ciascuno rincorre, a destra e a manca, scialuppe monoposto.
Nessuno osa far di conto con un Prodotto Interno Lordo che crolla, con un tasso di occupazione basso, un’economia reale in affanno e una spesa pubblica incapace di reggere l’urto contestuale delle crisi settoriali e aziendali.“ E, aggiunsero: Se il Molise deve scegliere tra il conservare un simulacro di autonomia istituzionale ed i diritti dei cittadini, per me non c’è discussione. Prima la sanità, la scuola, i trasporti locali, l’assistenza sociale e poi la burocrazia”. Questa posizione, che faceva onore a quegli esponenti, era condivisa, sotto traccia da tutti i tantissimi amministratori e cittadini onesti e a posto con la loro coscienza. Perché nessuno di loro era tanto ingenuo o incapace da non conoscere la realtà dei fatti.
A. La situazione economica molisana
Assistenzialismo
L’economia del Molise è stata subordinata ed è ancora subordinata ad una politica che andava e va sotto il nome di Assistenzialismo. Dopo anni di risultati chiaramente negativi, sono stati molti a chiedersi fino a che punto una crescita che fa leva principalmente sui sevizi pubblici (Impiego pubblico, pensioni di invalidità, commesse pubbliche, istituzioni pubbliche, …..) sia in grado di assicurare le basi di uno sviluppo duraturo e auto sostenuto nel tempo. Peraltro l’ Assistenzialismo è, oggi, messo fuori gioco, sia per questioni oramai storiche sia per un sentire comune.
Dal punto di vista storico, con l’adozione di una moneta unica europea, l’Italia non può giocare più su svalutazione ed inflazione per sistemare i propri conti. Non c’è più spazio per politiche clientelari. In conclusione, la finanza pubblica è soggetta a un maggior controllo nazionale e internazionale.
B. Solidarietà nazionale e internazionale
La solidarietà, che dopo il ’45, aveva caratterizzato il mondo occidentale, è andata pian piano riducendosi sotto la pressione, da una parte, di egoismi, intolleranze, e, dall’altra, dalla verifica continua dello spreco di risorse che è derivato da forme estese e generalizzate di assistenzialismo. E’ andata così rafforzandosi, nel tempo, la richiesta di una autonomia finanziaria delle regioni più ricche e fortunate, rispetto ad altre meno fortunate, il tutto giustificato dal lassismo e dalla inefficienza con cui la classe dirigente meridionale. A questo aggiungasi che l’Europa ha allargato i suoi confini ai paesi dell’area comunista, con la logica conseguenza che molte risorse finanziarie, fino ad allora riservate al sud Italia, oggi sono riservate a quei paesi.
C. Il contesto ambientale e culturale
La comunicazione, i contatti, le relazioni influenzano in modo assoluto le conoscenze di una persona, le conoscenze di un popolo. La creazione della Regione Molise e, in particolare, quella della Provincia di Isernia hanno determinato un maggior avvicinamento al versante tirrenico e hanno ridotto di molto i contatti del Molise con la dorsale adriatica, cioè con quella dorsale dove il fiume delle conoscenze scorre meglio e più velocemente. Di fatto, il distacco dall’Abruzzo ha determinato una riduzione della potenzialità di un miglior apprendimento dell’ innovazione industriale e tecnologica e un maggiore permeabilità alle azioni della camorra.
D. La Dimensione
La Regione Molise ha un bilancio che vede le sue risorse assorbite, per lo più, da sanità e spese correnti per il mantenimento delle istituzioni regione e provincie. Ne consegue che mancano le risorse per investimenti più propriamente produttivi. Questo vuol dire una sola cosa: la regione Molise non ha le dimensioni giuste per promuovere la progettualità congrua con le esigenze di sviluppo della sua popolazione.
E. Risultati concreti
La eliminazione della provincia di Isernia, le vicende degli ospedali di Agnone, Venafro e Larino, lo spopolamento, fuori dal normale, di interi territori interni, la smobilitazione di importanti organi e funzioni dello stato, ecc… ecc… stanno lì a dimostrare che l’ Istituzione Regione Molise non ha ragione di esistere.
F. Ipotesi di sopravvivenza
A fronte di questa drammatica situazione, c’è chi si affretta a proporre un maquillage della situazione attuale (riduzione delle indennità, chiusura di enti inutili, chiusura della sede di Bruxelles, e altre pensate del genere, che, seppur lodevoli, risultano colpevolmente tardive, pregne di peccato originale e, comunque, assimilabili a palliativi (come può essere un’aspirina contro una broncopolmonite). Oppure, propone l’intervento caritatevole dei politici nazionali amici. È di tutta evidenza che, in questo modo, si continuerebbe a chiedere di essere assistiti e mantenuti, con il risultato di perpetuare il feudalesimo di pochi e l’addomesticamento delle coscienze di tutti gli altri. Insomma, invece di impegnarsi doverosamente nella riforma dell’attuale sistema organizzativo e amministrativo regionale e provinciale, c’è ancora chi pensa di proteggerlo e perpetuarlo.
G. Conclusione
In presenza di difficoltà finanziarie dello Stato Italiano che stanno avendo ricadute pesantissime sull’economia meridionale; in presenza di un federalismo fiscale in via di applicazione; in presenza di posizioni politiche che mirano a dividere l’Italia tra capaci di produrre e consumare e capaci SOLO di consumare, è indispensabile e vitale sapersi affrancare da un assistenzialismo che, seppure importante, finisce, per lo più, con il degenerare in un abnorme addomesticamento delle coscienze e delle capacità.
Peraltro, oggi è evidente, a tutti, che l’esigenza della riduzione della spesa pubblica e il conseguente ridotto trasferimento di risorse pubbliche verso il Molise, pone questa regione di fronte a problematiche di notevole complessità che, se nulla cambiasse, porterebbero, da una parte ad una forte riduzione di servizi e, dall’altra, ad un aumento della pressione fiscale di tipo locale. Ma c’è un altro grande pericolo: insistendo sulla autonomia regionale e provinciale si rischia di restare del tutto isolati e indifesi di fronte all’ipotesi, per me nefasta, di aggregare la regione al Sud dell’Italia, piuttosto che al Nord.
La Regione Molise va riaggregata all’Abruzzo ed entrambe aggregate, possibilmente, alle Marche e in proprosito si osservi che:
Fermo restando che Le terre attualmente dette di Abruzzo e Molise erano già state concepite come unite dall’Imperatore Augusto, che ivi costituì la Regio IV, basandosi su criteri di uniformità linguistica, etnica e culturale (la base comune era la lingua osca), fermo restando che la Storia e la Geografia, con lettere maiuscole, vedono il Molise esistere solo da 50 anni; le parole Alto Molise, Alto Volturno, furono invenzioni per distinguere un pezzo di territorio. Né l’Alto Molise, nè l’Alto Volturno hanno mai fatto parte del Molise, per millenni: lo sono solo dal 1963, anno di creazione della Regione.
Fermo restando che Il Contado di Molise, dalle sue origini medioevali sino al 1806, comprendeva meno della metà del territorio della futura regione, la quale fu anticipata (in parte) dalla istituzione della napoleonica Provincia di Campobasso.
La Riaggregazione di Abruzzo e Molise (con possibile estensione alle Marche) risponde a diverse importanti considerazioni, inappuntabili. Messe insieme la due regioni conterebbero ben 1.700.000 abitanti.
Se l’Abruzzo e il Molise si riunissero sarebbero la più potente regione di transito tra l’ Europa dell’Est ed il Mar Tirreno. Il porto di Termoli sarebbe lo scalo più a Sud di questa potente regione di transito, con beneficio di entrambe le regioni, oggi separate (la disunione fa la debolezza, come l’unione fa la forza)?
Un terreno in Molise vale la metà di quanto varrebbe se il Molise e l’ Abruzzo fossero ancora uniti.
Il Molise non riesce a spendere una lira per pubblicizzare il proprio turismo a livello nazionale. Le sole pubblicità turistiche del Molise, all’estero, sono quelle che lo collegano ancora all’Abruzzo. I nostri operatori turistici alle fiere internazionali non riescono a far capire agli interessati dove sia il Molise, e ottengono comprensione solo quando nominano l’Abruzzo. Una regione come la Romagna (poco più grande ma ben è più ricca del Molise) non ha mai pensato di separarsi dall’Emilia.
L’intento di fare del Molise una Regione a sé stante suscitò l’avversione di parecchi eminenti costituzionalisti che non volevano creare regioni “incapaci di sopravvivere per difetto di autosufficienza politica ed economica”.
Per staccare il Molise dall’Abruzzo si ricorse ad una legge ”ad usum delphini” che correggeva addirittura la Costituzione, prevedendo una deroga alla norma che fissava ad un milione d’abitanti il numero minimo per costituire una Regione? (vedi Legge Marracino del 1957). La Regione Molise, con i suoi fondi, riesce a mantenere l’apparato politico che la governa ma riesce a fare poco per i normali cittadini. La Regione Molise (320.000 abitanti) costerebbe poco meno della Regione Lombardia, che ha quasi 9 milioni di abitanti e produce da sola il 30% del PIL nazionale.
Enzo Delli Quadri
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