A quel bambino mai nato……
La pioggia cade ininterrottamente e picchia furiosa. Fuori dalla finestra vedo piccoli rigagnoli di acqua scivolare sul vetro. Fasci di luce mi illuminano nella stanza ma io non sento niente. Il tuono è un battito del cuore. Il lampo un bagliore dell’anima che scompare nel buio senza fare alcun rumore. Immagino le montagne innevate e immagino il freddo impenetrabile che annienta la mia linfa vitale a colpi di mannaie. Nessuno mi ha ferito. Nessuno ha osato colpirmi se non la freddezza dell’essere umano.
A volte le notizie che ascolto sono così terribili che non ho neanche più la forza di analizzarle e di commentarle. A volte per certe azioni basta solo un dignitoso silenzio ma è un silenzio che indigna, troppo. È un silenzio che squarcia i cuori, che dilania. Rileggendo i miei articoli mi sono accorta che cerco sempre di trovare delle risposte a domande che non hanno ragione di essere poste. Mi sono accorta che cerco di pormi degli interrogativi e di spingere gli altri a riflettere con me. È insito nella mia natura domandare e cercare dentro di me delle spiegazioni ragionevoli ma qui non c’è nulla di ragionevole. Riesco solo a pensare alla crudeltà che non ha risposte. Riesco solo a pensare al piccolo corpicino avvolto in un sacco nero, morto. Riesco a pensare alla sofferenza di una piccola creatura che non ha trovato conforto e calore nelle braccia della madre. Riesco solo a pensare a quel maledetto secchio della spazzatura che dentro sé racchiudeva una vita spezzata, che racchiudeva dentro sé il legame più importante dell’esistenza. Penso al volto del neonato che non ha mai conosciuto l’amore.
Penso al volto del neonato che non ha mai imparato a piangere e a gioire. Penso al volto del neonato che non imparerà mai a parlare e non conoscerà mai la felicità. Penso al volto del neonato che non conoscerà mai né un padre né una madre, che non conoscerà mai il valore di una famiglia. E poi, proprio come vedo le montagne innevate, immagino la solitudine di quella creatura che è nata in compagnia ma che nella morte ha trovato solo tristezza, paura e sì, solitudine. Nessun conforto, nessun calore, nessuna speranza ma soprattutto niente amore né coscienza.
Ci sarebbe molto di cui parlare. Potrei parlare di dignità, potrei parlare e tentare di dare un significato alla parola coscienza ma sovente mi accorgo che ognuno vede il mondo attraverso i propri occhi, che quello che per me è un atto di coscienza per altri potrebbe essere un atto liberatorio, qualcosa di cui liberarsi. Per l’amore persiste lo stesso concetto ma con un’aggiunta; per amare un figlio basta solo un istante. Sono sicura di questo, eppure continuo a chiedermi perché? Perché? Perché? Non sono nessuno eppure sto male.
Siamo nel 2017. Ognuno è libero di prendere le proprie decisioni ma abbandonare un figlio è inaccettabile. Ci sono tantissime alternative.
Quel bambino meritava una chance. Quel bambino poteva crescere, magari essere adottato da persone che lo avrebbero trattato come un figlio e meglio di un figlio. Quel bambino poteva avere dei fratelli e delle sorelle. Quel bambino poteva conoscere l’amore e poteva vivere. Meritava di vivere.
Elena Lombardi
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