Giovani tra alienazione e concretezza
Si parla sempre più spesso di noi giovani, delle nostre problematiche, dell’immaturità che spesso dimostriamo e della paura di impegnarci in rapporti seri e duraturi. Si discute della nostra irresponsabilità, della nostra “presunta” indifferenza nei confronti dell’istituzione, del lavoro, dell’amore, della realtà che ci circonda.
Una domanda mi sorge spontanea: la società di oggi cosa ha da offrire a noi giovani oltre a dispersione d’identità, disoccupazione, disordini, caos e violazione dell’intimità altrui? Assistiamo continuamente, stando ai fatti di cronaca, a tutta questa aggressività innata, a tutta questa rabbia nei confronti di cosa poi? Assistiamo a scene genitoriali dubbiose, incerti anche loro se annientare i valori e/o affiancarli ad altri bisogni più futili e superficiali. Assistiamo nelle piccole realtà, alla distruzione della nostra creatività, delle nostre iniziative perché ci è stata privata la possibilità di sognare e realizzare concretamente ciò che desideriamo. Assistiamo a questo conformismo dilagante che ci impone di metterci in fila ma per cosa? Assistiamo a questi “ruoli sociali” spesso malati e inadeguati che ci fanno diffidare di tutto e tutti.
La verità è che noi giovani non abbiamo più punti di riferimento. Spesso, sempre più spesso, ci sentiamo soli, alla deriva. Scegliere di stare bene, anche contro il volere degli altri, sembra a tratti impossibile. Bisogna avere carattere e forza, bisogna saper “autoimporsi in casa e fuori casa”. Mi viene in mente adesso l’incontro del papa con noi giovani. Penso alle sue parole di incoraggiamento, quando ci ha urlato di credere nei nostri sogni e nelle nostre ambizioni e lottare, con le unghie e con i denti. Non credo sia troppo chiedere di vivere seguendo il proprio cuore, non credo sia sbagliato fare delle proprie passioni un lavoro, sfruttare ciò che è insito in noi, amare ed essere amati, cogliere le nostre peculiari caratteristiche e incentivarle affinché possiamo essere unici e irripetibili. Nulla di tutto questo è sbagliato. Forse sono gli altri a esserlo, non noi.
“Esiste solo un modo per sfuggire all’alienazione dell’odierna società: allontanarsi”, affermava Roland Barthes. Ora mi chiedo. Dobbiamo allontanarci e stare in disparte a guardare, soffocando ogni nostra aspirazione o dobbiamo essere così tenaci da decidere per noi stessi sempre e comunque? A ognuno la propria risposta.
Elena Lombardi
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