L’enigma della vita: essere o apparire?
Ho sempre pensato che nella vita fosse importante essere prima di apparire. Essere semplicemente ciò che si è, non un semplice adattato della società, un sottoprodotto con una scadenza già definita che ha una precisa collocazione nei grandi supermarket della vita. Ho sempre pensato che essere fosse una conquista, non una sconfitta, che fosse un dono non una pena da scontare. Ho sempre pensato che le persone coraggiose di essere, avessero il mondo in una mano e quindi tutte le capacità e le opportunità per cercare la felicità, afferrarla, volerla, imprigionarla.
Le persone autentiche sono quelle che conoscono amando, sono quelle che sono perennemente alla ricerca di qualcosa, fuori e dentro di sé, che pretendono il meglio, che puntano alla qualità, che non si accontentano del vuoto sterile ma del tutto pieno. Sono persone che danno l’anima e soffrono quando quest’anima viene poi calpestata ed estirpata. Sono persone che vanno avanti anche quando il loro cuore diventa un terreno incolto e arido. Sono coloro che credono fermamente nella bellezza dell’anima, che è quella bellezza dell’intelligenza, dell’onestà, della coerenza e della generosità. Sono coloro che combattono duramente con il non essere, con quelle persone che sono concentrate semplicemente sul mito della bellezza, della non autenticità, della superficialità, della dimensione della quantità, dell’apparire uguali.
È la stessa società che ci vuole uguali negli atteggiamenti, nei comportamenti, nei modi di pensare e anche nei modi di vestire. E allora arriva quel momento nella vita in cui tutti siamo costretti a decidere da che parte stare, a scegliere la strada più facile e la strada più facile veste gli abiti della conformità. La conformità non richiede impegno, non richiede coraggio, non richiede sacrificio, non richiede sincerità. Essere uguali nel non essere, è la più vile delle scelte ma è semplice da percorrere. Non ha bisogno di grandi capacità ma solo di vestire un corpo, di vivere per quel corpo non di nutrirlo, di mostrare quel corpo non di aggraziarlo con un sorriso che rivela altro. Mostrare, mostrare e ancora mostrare un corpo senz’anima. Apparire, non essere. Fingere, non essere veri. Regalare maschere, non volti. Camuffare l’io di uno pseudo sé fasullo, non del sé.
Piero Ferrucci, psicoterapeuta e filosofo afferma che “la bellezza fisica è un velocista: nei percorsi brevi arriva sempre prima. La bellezza dell’anima è un maratoneta: viene fuori alla distanza”. Sicuramente è più difficile essere un maratoneta che un velocista. Un maratoneta troverà sempre ostacoli da arginare, sopportare e sopperire. Un velocista trascina tutto con sé senza tener conto degli altri. Un maratoneta ama. Un velocista distrugge. Un maratoneta resiste. Un velocista scappa. Un maratoneta vive di luce propria. Un velocista vive di riflessi. Un maratoneta si piega e a volte si spezza, un velocista non si piega e non si spezza. Apparire o essere?
Di nuovo è la società che ci fa correre e scegliere in fretta. Forse è più semplice apparire e appassire che essere e fiorire.
Elena Lombardi
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