Note d’argento – L’individuo tra coscienza e irrazionalità
Nella psicologia sociale, che è quella disciplina che studia le interazioni fra gli individui, cerchiamo spesso di definire le dinamiche del gruppo, di comprendere e interpretare quindi il comportamento altrui al fine di regolare la nostra azione sociale. È provato che i gruppi anonimi ed estesi favoriscono la spersonalizzazione e la deresponsabilizzazione di ciò che accade nelle situazioni di emergenza. Secondo gli studiosi la lentezza nell’intervenire è dovuta alla paura di apparire ridicoli, alla suddivisione dei ruoli e all’influenza reciproca che ogni individuo esercita sugli altri. Questi sarebbero i motivi per cui non siamo sempre solidali.
Ci si aspetta che un altro intervenga al nostro posto, si ha paura di esporsi e aiutare perché non siamo disposti a violare gli impegni già presi e perché chi ha bisogno del nostro aiuto viene percepito come un oggetto estraneo. È difficile tentare di spiegare cosa avviene esattamente in un gruppo. È soggetto infatti a molti fattori come la coesione, la morale, l’interdipendenza e spesso, troppo spesso, a una sorta di “anima collettiva” che li fa sentire, pensare ed agire in un modo del tutto diverso da come ciascuno isolatamente, sentirebbe, penserebbe e agirebbe. L’individuo in folla acquista un sentimento di potenza invincibile che lo rende pericoloso e irrazionale perché animato dalla logica collettiva.
Nel volume “Psicologia delle folle” del 1895, Gustave Le Bon, sociologo francese, sosteneva che il XX secolo sarebbe stato caratterizzato dal dominio delle masse. Parlava di una riduzione di coscienza, di una profonda trasformazione nel proprio modo di essere che avrebbe cancellato la personalità conscia degli individui rendendole prede passive di meccanismi quali l’imitazione o la suggestionabilità. “Preso isolatamente, un individuo può essere una persona colta; in una folla diventa un barbaro – ossia, una creatura che agisce secondo istinto. Egli possiede la spontaneità, la violenza, la ferocia, ma anche l’entusiasmo e l’eroismo degli esseri primitivi”. Questo in qualche modo spiegherebbe il perché di certe barbarie, come può esserlo il caso di Alatri ma neanche questa spiegazione basta.
Non mi sta bene che l’uomo si pieghi al volere della massa. Non mi sta bene che l’uomo eserciti violenza sugli altri solo per dimostrare il suo potere come leadership. Non mi sta bene che chi assiste a episodi come questo, non muova un dito perché non vuole assumersi la responsabilità o è bloccato dalla paura. Siamo stati definiti come animali sociali ma a dispetto degli animali, abbiamo una coscienza individuale e questa coscienza dovrebbe sempre agire per il bene di tutti, non il volere di pochi.
Elena Lombardi
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