Riflessioni esistenziali: “Avere o essere?”
Da secoli si parla dell’uomo e della sua disperata ricerca della felicità ma nessuno sembra ancora disposto a cambiare qualcosa di se stesso e ad ammettere la realtà. La nostra è una società composta da individui notoriamente infelici, isolati, ansiosi, in preda a stati depressivi e a impulsi distruttivi, in una parola essere umani ben lieti di poter ammazzare il tempo anziché qualificare il tempo libero. Siamo una società che disprezza la natura ma che ama invece tutto ciò che è senza vita. Apprezziamo più il successo personale che non la responsabilità sociale, apprezziamo più l’avidità che ha solo il compito di rimbecillire gli individui rendendoli persino incapaci di perseguire i loro veri interessi. In poche parole siamo più preoccupati ai possessi e alla ricchezza anziché alla forza spirituale. Ci preoccupiamo di avere molto, non di essere molto.
Erich Fromm nel suo saggio “Avere o essere?” descrive queste due modalità esistenziali al fine di creare una struttura caratteriale più solida. Per intenderci, l’avere è legato a tutto ciò che è materiale (proprietà, guadagno, potere, fama), l’essere a quella condizione di gioia, quell’atto creativo dove si usano solo le facoltà mentali. “Non si ha nulla, ne si aspira ad avere alcunché”. Questo è il motto dell’essere. L’avere è imperniato sulle cose, l’essere è imperniata sulle persone e questo vale per ogni attività tipica dell’uomo come l’amore, l’apprendimento, il ricordo, la conversazione, la lettura. L’avere consiste nel bisogno di provare nuovi stimoli, dal momento che quelli vecchi ben presto risultano vuoti e sfruttati. La propria felicità risiede nella superiorità sugli altri e quindi nella capacità di conquistare, depredare, uccidere.
L’essere consiste invece nel penetrare sotto la superficie e nell’affermare la realtà. L’avere è passato e futuro, l’essere è presente, è qui e ora. Si riferisce all’esperienza, all’indipendenza, la libertà e la presenza della ragione critica.
La sua caratteristica fondamentale consiste nell’essere attivo. Significa rinnovarsi, crescere, espandersi, amare, essere interessato, prestare attenzione, trascendere il carcere del proprio io isolato. Significa condividere, rinunciando al proprio egocentrismo.
È questo che ci rende uomini nuovi, quelli capaci di creare una nuova società che non è basata sull’avidità e la mera passività. Significa essere liberi ma insieme, nello spirito e nei valori, non in un inanimato oggetto privo d’anima. “Chi ama davvero ama tutto il mondo, non soltanto un individuo particolare”. Qui sta la differenza.
Elena Lombardi
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